Expats 1×06 – HomeTEMPO DI LETTURA 3 min

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Expats 1x06 recensioneCi sono serie che si presentano seguendo un determinato genere per poi virare drasticamente in altra direzione. Un passaggio che, se non opportunamente studiato, rischia di consegnare al pubblico un prodotto confuso e raffazzonato.
Ci sono poi serie che fanno del dinamismo di genere un elemento fondamentale del proprio racconto, riuscendo a passare da una tipologia all’altra in  maniera quasi naturale.
Expats rientra a pieno titolo nella seconda categoria. Un prodotto descritto come drama ma che, nelle prime fasi della narrazione (ossia i primi due episodi), poteva passare tranquillamente per thriller. Non per niente, nella recensione del secondo episodio si era paragonato lo show ad altri lavori simili della stessa Nicole Kidman (da Big Little Lies a The Undoing).
Con il passare degli episodi, però, si è iniziato a capire che Expats non avrebbe seguito la scomparsa del piccolo Gus portando ad una risoluzione perché non era quello lo scopo della storia. La tragedia della famiglia Woo diventa così mero mezzo per raccontare la vera essenza della serie: uno spaccato sulla vita e sul dolore.

TRIPLICE CONFRONTO


L’episodio finale vede protagonista un triplice confronto tra Margaret, Hilary e Mercy che cercano di venire a patti con quanto successo.
Il primo confronto è sicuramente quello più duro e rilevante dell’intero show. Margaret e Mercy in realtà non si conoscono neanche. Mercy è la ragazza che ha perso Gus senza avere un solido background con la famiglia Woo. Tuttavia, è un confronto maturo quello che avviene tra le due donne, dove forse il perdono non potrà mai davvero esserci, ma che porta sicuramente alla comprensione. Un incontro pesante dato l’enorme bagaglio che le due condividono, ingigantito dalla gravidanza di Mercy che aggiunge un ulteriore peso emotivo per entrambe.
Di rilevanza è anche il secondo confronto, quello che vede coinvolte la stessa Mercy con Hilary. A questo proposito, l’incontro rientra sicuramente in una categoria più comune rispetto a quello con Margaret, eppure, Mercy si ritrova nuovamente “responsabile” del dolore. Anche questo confronto, però, assume contorni maturi, con le due donne consapevoli degli eventi e dell’impossibilità di tornare indietro.
Infine, vi è il confronto forse più umano, dato che riguarda due persone vicine e che per anni hanno avuto uno stretto rapporto di amicizia. Tra Margaret e Hilary il perdono è roba da poco in confronto al resto, con tutti gli altri eventi che in realtà sono stati la vera causa che le ha portate ad allontanarsi.
Ma alla fine dei tre confronti, ad emergere sono tre donne finalmente pronte a venire a patti con loro stesse.

IL PESO DEL DOLORE


Come già sottolineato, dunque, Expats non era una storia incentrata sul rapimento di un bambino e sulle conseguenti indagini per ritrovarlo. Il fulcro della serie si basava su queste tre donne e su come gli eventi ne avevano scalfito la vita. Dopo sei episodi, si riaccende la luce in fondo al tunnel, seppur fievole, ma presente. Ognuna delle tre protagoniste ha affrontato il dolore ed è emersa dall’altra parte imparando a conviverci e, per arrivare a tale traguardo, le modalità di racconto sono state mostrate in maniera organica.
Il confronto di Hilary con il padre ha aggiunto quel pezzo di puzzle che mancava, consegnando una donna adesso davvero convinta delle sue scelte e pronta a ripartire.
Di pari passo, la scelta di Mercy di portare avanti la gravidanza segna un passo fondamentale per la ragazza che, aiutata dalla madre, forse riuscirà a superare la convinzione di essere “maledetta”.
Infine, c’è la scelta di Margaret, comprensibile e scontata sin da inizio episodio, eppure, non per questo meno coinvolgente dal punto di vista emotivo. Più di tutte, è Margaret che dovrà imparare nuovamente a vivere pur convivendo per sempre col dolore.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • I tre confronti
  • La parentesi di Hilary con il padre 
  • La scelta di Margaret 
  • Emotività delicata ma funzionale
  • In alcuni casi, un racconto non sempre dinamico o propriamente coinvolgente

 

Expats non sarà di certo una serie da ricordare, ma attraverso il suo delicato racconto della vita e del dolore riesce a guadagnarsi una degna visione.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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