In questo quinto appuntamento, come si evince dal titolo, vi è un focus narrativo sul caso giudiziario, e relativa accusa di stupro, che a inizio degli anni 90 coinvolse Mike Tyson e Desiree Washington.
La miniserie, al di là della sentenza di colpevolezza, non lascia dubbi su come siano andate le cose, decidendo di contraddire apertamente la versione di Iron Mike che ha sempre parlato, invece, di rapporto consensuale.
“THE BADDEST MAN ON THE PLANET”
Dopo la perdita del titolo e la morte della sorella, in realtà avvenuta off-screen, nel finale della puntata precedente si preannunciava un ulteriore peggioramento della situazione e cosi è stato: la vita e la carriera di Mike toccano il fondo, ripartendo da dove tutto era iniziato, ossia il carcere.
Sin da “Lover” Mike è stato descritto come una persona fragile, sola ed estremamente manovrabile, ma anche irascibile e violento, una dualità insita nel suo carattere. Ed è in questo quinto episodio che tale contraddizione esplode con lo stupro ai danni di Desiree e relativo processo in tribunale che, quasi a sorpresa, condanna l’ex campione del mondo, nonostante i migliori avvocati a disposizione e Don King che manovra abilmente la stampa.
“Successful Black man in a white man’s court?“
Vi è un doppio binario critico all’interno della storia: la paternalistica maschilista per cui Desiree è una giovane donna che cerca fama e successo e vuole ingannare il famoso campione che “di certo non ha bisogno di violentare una donna” e la difesa a oltranza del pugile in quanto nero di successo.
La critica ad una mentalità presente in una parte della comunità afroamericana che tende a difendere a ogni costo i propri eroi, spesso non considerando la realtà dei fatti e evocando sempre il complotto della società bianca razzista, d’altronde è una tematica già emersa in “American Crime Story: The People V. O. J. Simpson” dove il campione di football veniva difeso a spada tratta per gli stessi motivi.
Unica nota negativa è sicuramente l‘assenza di qualsiasi riferimento alla morte della sorella di Tyson, un evento troppo importante per essere completamente tralasciato tra una puntata e l’altra, una svista che si poteva facilmente evitare.
IL LATO TECNICO
Per descrivere i fatti si è scelto di smontare pezzo dopo pezzo il puzzle degli eventi, con una narrazione di fatti e situazioni che non rispetta l’ordine cronologico oltre ad una continua rottura della quarta parete.
Il risultato è eccellente, grazie soprattutto a un montaggio perfetto e una regia sempre sul pezzo che, con i primi piani continui sull’attrice che interpreta la Washington, riesce a trasmettere allo spettatore tutte le emozioni negative provate dalla protagonista, senza scadere mai nel pietismo e nella banalità, con una resa emotiva della situazione che lascia il segno.
Il ritmo incalzante, unito al breve minutaggio a disposizione, rendono la visione dell’episodio interessante e non particolarmente pesante, nonostante si parli di un tema delicato e molto difficile da affrontare.
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Un altro episodio da massimo dei voti per la miniserie di casa Hulu che si candida ad essere una delle migliori dell’anno all’interno della propria categoria. Il comparto tecnico degno di nota e la resa emotiva di una storia così complessa, rendono questa quinta puntata veramente splendida. Resta da capire ora come lo show proseguirà a raccontare la vita di Iron Mike e quali temi affronterà, visto che per raccontare tutte le peripezie del campione forse non basterebbero un paio di stagioni intere.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.