One Piece 1×06 – The Chef And The Chore BoyTEMPO DI LETTURA 5 min

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Recensione One Piece 1x06La tanto attesa versione live action del celebre manga One Piece di Eiichirō Oda ha finalmente fatto il suo debutto su Netflix spaccando il pubblico, com’era facilmente prevedibile, in due fazioni ben distinte: da una parte, gli “eccessivamente entusiasti” che hanno subito gridato al capolavoro, probabilmente ancora memori di fallimenti epocali quali Dragon Ball Evolution o il più recente Cowboy Bebop, e dall’altra gli “hater professionisti”, che invece hanno approfittato dell’occasione per spalare montagne di materia fecale impunemente su un prodotto che, obiettivamente, porta con sé molti limiti probabilmente invalicabili.
La realtà dei fatti come al solito, però, sta nel mezzo, e un verdetto sicuramente più onesto intellettualmente è che si tratta di un adattamento in fin dei conti riuscito, ma non privo di alcune criticità che dovranno essere, per forza di cose, corrette in un’ipotetica seconda stagione.

BARATIE COMICS


La direzione di Matt Owens, noto soprattutto per il suo lavoro in “Luke Cage“, e del più navigato Steven Maeda, con un curriculum che include titoli come “Lost“, “Csi Miami”, “Lie to Me” e “Helix”, ha dato vita a una produzione che, nonostante le sue evidenti lacune, non manca di suscitare interesse. Appare evidente come alcune componenti tecniche potrebbero e dovrebbero essere migliorate: in più di un’occasione, la CGI utilizzata dalla serie lascia molto a desiderare, dimostrando alcune carenze in termini di realismo visivo. Inoltre, come già messo in evidenza nelle precedenti recensioni, i costumi e gli oggetti di scena talvolta sembrano richiamare un raduno di cosplayer, con uniformi dei marine che danno vita a un esercito di gelatai e, in generale, un ambiente fin troppo “pulito” in una serie a tema piratesco. Il che, ovviamente, può risultare un elemento di distrazione per lo spettatore, specialmente per quello più legato all’opera di Oda.
Un aspetto che merita attenzione, inoltre, è la sintesi narrativa. Data la vastità dell’opera originale, e la brevità del live action, la serie si sforza a comprimere la storia in un formato più breve, anche per esigenze prettamente televisive, il che a volte si traduce in un ritmo narrativo un po’ troppo accelerato. Sebbene i fan più fedeli dell’opera originale potranno trovare problematica questa condensazione narrativa, desiderando una trattazione più dettagliata, la serie si distingue grazie alle più che dignitose performance del cast – sostanzialmente una manica di sconosciuti – e all’intrinseca potenza della trama. Benché la transizione da manga/anime a live action presenti le sue complessità, la produzione ha saputo conquistare tanto gli affezionati di One Piece quanto chi si avvicina per la prima volta. E, malgrado le alterazioni necessarie, l’essenza del manga continua a risplendere, rappresentando sicuramente uno dei suoi maggiori punti di forza.

RED LEG ZEFF M.D.


In questo sesto episodio, che arriva subito dopo quello obiettivamente più debole visto finora, ci troviamo di fronte a un intreccio intricato di eventi, sentimenti e svolte narrative, al centro del quale emerge la profondamente evocativa “origin story” di Sanji e il suo legame con “Red Leg” Zeff. Interpretando Sanji, Taz Skylar non solo cattura brillantemente la quintessenza del personaggio, ma porta anche in primo piano la palpabile tensione e l’affetto nella loro dinamica relazionale, riuscendo a toccare lo spettatore, soprattutto nel momento dell’addio al Baratie e al suo mentore burbero ma dal cuore d’oro.
Mentre l’episodio affronta, in maniera inaspettatamente molto brillante, questa ricca trama caratteriale, introduce anche elementi narrativi inaspettati, come l’arrivo di Arlong al Baratie, una mossa che destabilizza ulteriormente la trama, e la decisione di Nami di barattare la mappa per la vita di Luffy, un gesto che, pur configurandosi come un tradimento apparente, nasconde invece un atto d’amore e di dedizione nei confronti non solo del suo compagno di avventura, ma di uno dei primi veri amici che ha avuto nel corso della sua turbolenta esistenza.
Questi nuovi strati narrativi, non solo aggiungono profondità alla storia, ma mettono anche in evidenza l’intenzione del live action – del tutto apprezzabile – di innovare pur rimanendo fedele all’essenza dell’opera originale. Un punto positivo per quelli che già hanno passato metà della loro vita a seguire manga e anime e che sicuramente apprezzeranno una ventata di novità e non una semplice riproposizione delle medesime dinamiche già esplorate più e più volte.
Menzione speciale, inoltre, alle incredibili abilità mediche di Zeff che non solo cura una ferita apparentemente mortale col tonno pinne gialle della Rio Mare, ma ricuce il tutto senza la benché minima sterilizzazione e per giunta, e questa è la chicca, portandosi dietro, senza alcuna ragione, se non per il puro piacere di perculare il moribondo, una bottiglia di buon whiskey, non utilizzandone manco una goccia per disinfettare le ferite di Zoro, accompagnando il tutto col più classico dei “col cazzo che spreco del buon whiskey per curare un pirla che a 30 anni si tinge ancora i capelli di verde”. Laurea in medicina ad honorem.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Taz Skylar, nel ruolo di Sanji, ha catturato con precisione l’essenza del personaggio,
  • Mescolanza di elementi originali e nuovi
  • La determinazione di Luffy nel voler riunire la sua ciurma
  • Zeff che percula il moribondo
  • McKinley Belcher III molto convincente nei panni di Arlong
  • La fusione degli archi narrativi di Baratie e Arlong Park potrebbe confondere i fan di lunga data e alterare significativamente la comprensione della storia originale
  • Soliti problemi di CGI e costumi da cosplayer
  • L’intrecciarsi di numerose sottotrame nell’episodio potrebbe far sentire lo spettatore come se troppi eventi si stessero svolgendo troppo rapidamente

 

In conclusione, questo live action di One Piece, almeno per il momento, può dirsi un adattamento ben riuscito, sebbene non privo di difetti. La sua forza risiede nelle performance degli attori e nella capacità di coinvolgere un pubblico ampio, compresi coloro che non hanno mai avuto a che fare con l’opera originale. Tuttavia, resta da vedere se la serie sarà in grado di affrontare le sfide tecniche e narrative che si presenteranno nelle stagioni future.

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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