Lucky Hank 1×03 – EscapeTEMPO DI LETTURA 4 min

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Lucky Hank 1x03

L’ironia amara che sembra contraddistinguere questa serie, si accentua soprattutto in “Escape” dove al povero Hank (che tanto ‘lucky’ non è) ne capitano un po’ di tutti i colori. Non solo, dunque, la sua crisi di mezza età ma anche ciò che effettivamente gli succede alimenta quel sarcasmo necessario a non soccombere all’autocommiserazione assoluta. Infatti, in questo episodio, il docente del Railton College riuscirà a farsi valere, sebbene solo per un breve lasso di tempo prima di vedersi sconfitto di nuovo dalle circostanze.
A differenza della puntata precedente, rivelatasi meno accattivante del pilot, c’è una ripresa che permette al pubblico di non ricredersi rispetto alle ottime premesse iniziali dello show. E se le storyline degli altri professori in “George Saunders” sono risultate troppo dettagliate rispetto alla trama in sé, questa volta ci si sofferma sul personaggio di Lily (la signora Devereaux) senza, però, andare a discapito di un dinamismo utile ad alleggerire i 45 minuti di durata.

TUTTA COLPA DEI DADDY ISSUES


Hank: “Okay, I’ll admit it. I was a difficult boy and I’ve always been a difficult man. A fact easily confirmed by unlucky people around me. But the extent of the pain I’m willing to inflict? C’mon, there’s no comparing me to my father. I specialize in minor strife and insignificant irritation, that’s my lane. My father is into life derailment”

Come già palese dal primo episodio, Hank ha dei problemi irrisolti con il padre che, a quanto pare, ha abbandonato lui e la madre senza farsi più sentire per quasi vent’anni. Nemmeno il fatto che i due siano rispettivamente capo del dipartimento di inglese e rettore della stessa università è riuscito a risolvere tale rapporto conflittuale. Ciononostante, in seguito alla recente decisione di andare in pensione, William Henry Devereaux Sr. sembra pensare che possa essere una buona idea far scaricare dinnanzi a casa del figlio un container pieno di mobili del suo ufficio. Proprio in uno di questi Hank troverà delle lettere testimoni di una segreta e intensa corrispondenza fra i suoi genitori che, fino a quel momento, ai suoi occhi avevano ufficialmente chiuso dal momento in cui fu messo un punto alla loro relazione.
L’escamotage narrativo è utile per far uscire Hank dal suo stato di monotonia, rendendolo comprensibilmente infuriato e ingiustamente preso in giro dalla madre ma anche dalla vita. La telefonata lasciata in segreteria telefonica, in aggiunta al faccia a faccia con la madre che non porta a nessuna soluzione, sono i massimi momenti di “eccentricità” del protagonista che continua a rimanere bloccato in una situazione che si sta rivelando diversa rispetto a quanto pensasse, ora pure con l’aggiunta di un possibile incontro con il padre che sta pianificando di trasferirsi a casa della sua ex moglie.

PROBLEMI SU PROBLEMI


I fondi quasi inesistenti del Railton comportano una serie di problemi a partire dall’atteggiamento poco professionale di chi ci lavora. Si crea, dunque, una sorta di lotta interna, subdola, che porta un po’ tutti contro tutti. Come se non fosse abbastanza, iniziano a girare voci (in realtà confermate) su presunti tagli del personale che spingono chiunque a complottare alle spalle di ognuno e – guess what – soprattutto di Hank, che per il suo cinismo e la sua mancanza di peli sulla lingua (diversamente dai colleghi) risulta più scomodo di altri.
Questa è l’ennesima situazione in cui Hank viene messo di fronte ad una scelta da compiere, una scelta che, ovviamente, si rifiuta di compiere riflettendo un comportamento esattamente in linea con le aspettative del suo personaggio ed il suo immobilismo nella vita. Anche visibile dal suo decennale blocco dello scrittore che rappresenta perfettamente la sua vita, bloccata in uno status quo di perenne mediocrità in cui qualcosa cambia ma non cambia nulla.
A tal proposito vanno fatti i complimenti ai due showrunner Paul Lieberstein e Aaron Zelman per aver giocato benissimo con una classica situazione vista e rivista in moltissimi film e serie tv, ovvero quella di far trascorrere al protagonista una notte alcolica con una giovane aspirante insegnante, caduta vittima del fascino dell’uomo maturo e colto che ha davanti. Una situazione d’improvvisa nudità della ragazza in cui però Hank rimane impassibile (se non quasi infastidito), tanto da raccontarlo alla moglie come se fosse una cosa normale a cui non dare alcun tipo di peso. Touchè.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Semplicemente Bob Odenkirk, è stato già detto?
  • Chapeau a Hank per non aver ceduto a una possibile avventura extraconiugale 
  • L’intro che a ogni ascolto diventa sempre più catchy (qualora non ce ne fosse già una versione estesa, beh, sarebbe proprio  il caso di farne una)
  • Il doppio gioco della madre di Hank

 

A un passo dalla metà di questa prima stagione, non si può non sperare già in un rinnovo di serie perché Lucky Hank è esattamente un prodotto figlio di questo secolo: non si ha paura di ammettere i propri difetti, di prendere consapevolezza di quanto la vita possa far schifo e di come sia difficile farsi apprezzare per quello chi si è. Se è vero che di norma i telefilm (come anche film, libri e musica) fungono da mezzo per distrarsi dalla propria routine spesso deludente e noiosa, lo è altrettanto il fatto che ogni tanto faccia piacere vederla rappresentata sullo schermo e sentirsi finalmente compresi.

 

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Amante della letteratura, decisamente meno della matematica, procrastinatrice seriale la cui unica costanza nella vita è la pizza. Giunge a Recenserie per mettere a tacere i sensi di colpa del troppo tempo speso a guardare serie TV anziché studiare e farsi una carriera.

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