Sono passati 185 giorni da quando Joyce Byers ha deciso di lasciare Hawkins e portare la sua famiglia (adesso allargata) in California. 185 giorni in cui per i protagonisti tutto sembra essere andato avanti velocemente. In effetti, ne è passato di tempo e ne sono successe di cose anche da quest’altra parte.
Al di fuori dello schermo, in realtà, sono passati ben tre anni dal rilascio della terza stagione di Stranger Things, che si chiudeva con “Chapter Eight: The Battle Of Starcourt”. Un episodio che metteva fine alla trama stagionale lasciando aperta una porta per un futuro che Netflix non si sarebbe di certo lasciato sfuggire.
Attualmente, infatti, Stranger Things rimane la serie di punta della piattaforma streaming, quella più costosa in assoluto (30 milioni di dollari per episodio!) e quella dal più alto riscontro mediatico (con buona pace di La Casa De Papel e Squid Game). Tenendo conto di ciò, non sorprende come il countdown per l’arrivo della quarta stagione abbia monopolizzato le ultime settimane. Per aumentare l’hype, giorni fa sono stati rilasciati in anteprima i primi otto minuti dell’episodio, mentre, restando in Italia, giovedì 26 maggio (giorno prima del rilascio ufficiale) chiunque si trovasse nei pressi di Milano ha potuto assistere ad una serata evento con la prima visione di “Chapter One: The Hellfire Club” direttamente sui maxi schermi in piazza Duomo.
Un’attesa senza eguali con cui Netflix ha ovviamente deciso di giocare ulteriormente, dividendo “simpaticamente” la stagione in due blocchi: i primi sette episodi rilasciati adesso, mentre per gli ultimi due bisognerà attendere luglio.
WELCOME TO HIGH SCHOOL
Dopo ben tre anni di assenza, era inevitabile aspettarsi che la season premiere avesse l’onere di fare il punto della situazione sui personaggi. Una scelta che non si può discutere per la sua utilità, ma che a posteriori è apparsa decisamente esagerata.
Una conseguenza questa, che si collega strettamente alla questione minutaggio. Si è a lungo parlato della durata degli episodi di questa stagione, tutti che superano i 60 minuti, con il finale che invece si presenta come un vero e proprio film di ben due ore e mezza. Una durata decisamente impegnativa che, tuttavia, non sembra essere stata ben sfruttata in questa prima puntata.
Il punto della situazione sui personaggi, infatti, viene completamente ambientato al liceo. Mossa quasi scontata data l’età dei protagonisti che, però, non ne giustifica l’esagerazione. “Chapter One” per quasi tutta la durata si tramuta in un teen drama tra i banchi di scuola, con tutto il necessario per catalogare l’episodio esclusivamente da questo punto di vista. Ovviamente, appare sensato raccontare i diversi approcci nella nuova realtà da High School di Mike e Dustin rispetto a Lucas, o i problemi di adattamento di Eleven e il trauma che perseguita Max. Questi ultimi due casi, soprattutto, risultano molto più organici da analizzare, in quanto rappresentano maggiormente una buona caratterizzazione dei personaggi. Gli altri, invece, restano impantanati in situazioni ridondanti, dando vita a scene di cui si sarebbe volentieri fatti a meno come il dialogo incrociato a distanza tra Nancy e Jonathan.
Come detto, un resoconto utile nei suoi limiti ma che qui sfora decisamente. Un elemento che va forse imputato non tanto alla scelta narrativa, quanto al conformarsi ulteriormente con il target di Netflix, per dare loro l’ambientazione da teen drama tanto in voga tra i suoi iscritti.
STRANGER THINGS INCONTRA L’ESORCISTA
Con praticamente tutto l’episodio impegnato a seguire la vita da liceali dei personaggi, c’è stato davvero poco tempo dedicato alle “cose strane”. Più precisamente, l’episodio riserva al supernatural i 10 minuti iniziali e quelli finali. La partenza è tutta segnata da un flaschback ambientato nel 1979, ai tempi in cui Eleven era ancora sotto “le cure” del dr. Brenner. Un flash di un avvenimento crudo e che apre la porta a nuovi interrogativi su ciò che avvenuto nei Laboratori Nazionali di Hawkins.
A parte questo, oltre un intermezzo dedicato a Joyce e ai primi segnali di un Hopper ancora vivo (nessuna sorpresa a riguardo, dato che la conferma era già arrivata a febbraio 2020 con il rilascio di un primissimo teaser), la trama stagionale vera e propria viene solo accennata.
Seppur con qualche sprazzo qua e là durante l’episodio, sono i minuti finali che accendono davvero la curiosità sul drama che si consumerà nei prossimi episodi. Protagonista degli eventi è Chrissy, capo cheerleader della Hawkins High School, che si mostra fin dalla sua prima apparizione affetta da inquietanti allucinazioni. In chiusura di episodio, l’Upside Down torna prepotentemente protagonista, rivoltando queste allucinazioni come una vera e propria possessione demoniaca, mettendo in scena momenti di puro esorcismo.
Ed ecco che qui “Chapter One” si guadagna una più positiva considerazione. Gli avvenimenti finali, infatti, aprono la strada ad una caratterizzazione stagionale ben diversa dalle precedenti, annunciando un tono decisamente più cupo. Il protagonista assoluto diventa il genere horror, pronto a lasciare spazio anche al sottogenere gore, per una rappresentazione più macabra e diretta. Tutti elementi che risaltano notevolmente grazie al punto di forza di Stranger Things: la regia. I fratelli Duffer danno vita ad un lavoro superbo dietro la macchina da presa, incantando sin dalle primissime inquadrature. Un lavoro che migliora anche i momenti più leggeri ambientati al liceo e rende invece eccellenti quelli dedicati a demoni e possessioni.
Ed è con questi ultimi elementi presi in considerazione che si mantiene viva la speranza per i prossimi episodi.
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Dopo la visione di questa season premiere, rimandiamo all’immagine scelta per la recensione per ricordare di cosa parla veramente la serie, perché questo episodio non lo fa.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.