Dopo una season premiere e un secondo episodio incentrati sulla royal family e l’astio crescente tra i vari membri, destinato a sfociare in una vera e propria guerra aperta, era lecito aspettarsi una prosecuzione in tal senso a livello narrativo.
Invece, questa terza puntata spiazza gli spettatori concentrandosi esclusivamente sull’introduzione della famiglia Al-Fayed che indirettamente si avvicina ai reali inglesi e in seguito diventerà protagonista delle loro vicende grazie non solo al padre, ma soprattutto al figlio Dodi.
SYDNEY JOHNSON
“L’unico nero che abbia mai frequentato i Windsor prima di Meghan Markle.” (Oprah Winfrey)
Nella spiazzante ma molto interessante open cold egiziana non viene introdotto solo Mohamed Al-Fayed, ma anche il personaggio di Sydney Johnson, già apparso brevemente in qualche scena della terza stagione. Fin dall’età di 16 anni Sydney Johnson era stato il valletto dei duchi di Windsor, l’ex Re Edoardo VIII e la moglie americana Wallis Simpson, nel loro esilio dorato prima alle Bahamas e poi nella villa di Parigi.
Alla fine degli anni ’80 Johnson diventa il servitore personale di Al-Fayed padre, in piena ascesa sociale ed imprenditoriale. Lo show propone quindi un dualismo sia visivo che simbolico tra l’ex Re Edoardo VIII e Mou Mou con il valletto che funge da tramite, istruendo da zero l’imprenditore egiziano sulle buone maniere dell’aristocrazia inglese, per un legame importante che andrà ben oltre il semplice rapporto tra capo e dipendente.
Il racconto è valorizzato, come sempre, dall’ aspetto tecnico di grande qualità e sempre all’altezza della situazione, con location suggestive e una regia e una fotografia perfette, per uno show che sicuramente non ha problemi né di budget né di qualità.
Unica nota negativa di questo terzo appuntamento stagionale riguarda l‘anticlimaticità della puntata, anche se si comprende l’importanza di quanto raccontato per lo sviluppo della storia, ma questo cambio di ritmo e personaggi va a ridimensionare la tensione narrativa creatasi nei primi due episodi.
MOHAMED “MOU MOU” AL-FAYED
In questo terzo episodio Mou Mou viene presentato come un imprenditore miliardario e proprietario dell’Hotel Ritz a Parigi, dei famosissimi Harrods a Londra e produttore del film “Momenti di Gloria” (titolo originale “Chariots of Fire”) nel 1982 vincitore di ben quattro Oscar, tra cui quello di miglior film.
Insomma non proprio l’ultimo degli arrivati, ma che è passato alla ribalta in particolar modo a causa del figlio, per i tristi eventi di cui tutti sono a conoscenza.
L’eccentrico personaggio è reso al meglio dall‘ottima interpretazione di Salim Daw che restituisce agli spettatore tutto l’istrionismo e il carisma del miliardario egiziano.
Bisogna sottolineare come a partire dall’open cold, la narrazione lascia intravedere continuamente l’enorme l’influenza della monarchia inglese sulle persone, prendendo come esempio Mohamed Ali-Fayed: affascinato dalla visita dell’ex monarca, nonostante l’Egitto sia stata una colonia inglese con relativo bagaglio emotivo di risentimento, sin dall’adolescenza vissuta in ristrettezze economiche, l’imprenditore invece svilupperà una sorta di ossessione per i reali che lo porterà a comprare la residenza francese di Edoardo, chiamandola poi Villa Windsor.
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Un ottimo episodio per la serie di casa Netflix che difficilmente sbaglia una puntata e decide di prendersi una pausa dalle lotte intestine dei reali inglesi per introdurre un’altra importante famiglia ai fini della storia. La sensazione è che il racconto debba ancora realmente spiccare il volo e questi primi episodi servano a introdurre lo scontro tra Diana e i Windsor, ma sempre con la massima attenzione e cura dei dettagli, per una narrazione supportata anche dal solito ottimo comparto tecnico. La valutazione non può che essere ampiamente positiva, in attesa del massimo dei voti che sicuramente non tarderà ad arrivare.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.