Arrivato al suo terzo episodio di questa prima stagione, Winning Time: The Rise Of The Lakers Dynasty si gioca il suo asso più importante con una delle sue star principali e più attese: Adrien Brody.
Un’attesa che lo spettatore appassionato di pallacanestro (anche se viene da chiedersi chi non lo sia, se decide di guardare uno show di questo tipo) attendeva con ancora più trepidazione. Questo poiché l’attore, Premio Oscar per Il Pianista, qui interpreta il leggendario coach Pat Riley.
E anche in questo caso le aspettative non sono affatto deluse, confezionando un episodio che, unito ai due precedenti, rivela un trittico incredibile di eccellenza visiva e di scrittura che non solo non accenna a diminuire, ma anzi va sempre più in crescendo fino al cliffhanger finale che, ancora una volta, ribalta di nuovo i piani di Jerry Buss e soci.
PAT RILEY: BIRTH OF A COACH
L’entusiasmo che la serie rilascia è ancora più sconvolgente se si considera che ancora non è successo molto a livello di trama generale.
Si è, infatti, ancora nella fase di pre-season del campionato. L’NBA non è ancora iniziata, anche se i futuri Lakers devono già fare fronte a numerose difficoltà. Una su tutte trovare un allenatore per sostituire il riluttante Jerry West. Ecco dunque stagliarsi all’orizzonte una figura che allo spettatore non-appassionato di basket dirà poco o nulla, anche se il minutaggio a lui dedicato fa già presagire che diventerà fondamentale da qui in avanti: Pat Riley.
La sua entrata in scena è di forte impatto, ma lo sviluppo del personaggio nel corso dell’episodio lo è ancora di più. In poche scene ne viene delineato il profilo psicologico, le sue ambizioni (che come molti altri character dello show sono soprattutto di riscatto sociale) e la personalità esuberante e “freak”.
In fondo, il principale motivo di successo di Winning Time sta tutto qui: una storia di emarginati che però, in qualche modo, diventerà uno dei team sportivi più forti di sempre.
La scelta di Adrien Brody per interpretare tale personaggio risulta poi più che azzeccata. La sua mimica, la figura scarna e asciutta, ma allo stesso tempo vigorosa, l’uso della voce (caratteristica fondamentale che viene evidenziata anche nei dialoghi) ed il climax emozionale, che l’attore è in grado di creare in relativamente poche scene, sono assolutamente sorprendenti.
THE PROBLEMS OF THE LAKERS DINASTY
Un personaggio che, come già detto, risulta perfettamente calzante in una galleria di altrettanti freak alla ricerca di riscatto sociale. Una tipologia di personaggio che potrebbe sembrare quasi abusata, dal momento che ci rientrano quasi tutti i character dello show. A cominciare dall’Earvin “Magic” Johnson di Quincy Isaiah, qui è alle prese con le prime difficoltà nell’inserirsi in una grande città metropolitana come LA.
O come Jeanie Buss e Claire Robertson, uniche donne in posizione di comando in un mondo (quello dello sport professionistico) che non brilla certo per l’emancipazione femminile. E, ovviamente, fra tutti il protagonista principale Jerry Buss (John C. Reilly) che, come al solito, funge da “cicerone” per lo spettatore con i suoi monologhi rivolti alla telecamera.
In tutti questi casi Winning Time fa leva sulla forza emotiva che trasuda nei vari personaggi rappresentati. Il che non era certo un’operazione facile considerando che, come già detto, finora non si sta parlando tanto delle difficoltà nel vincere un campionato sportivo (questo forse sarà oggetto d’attenzione nei prossimi episodi) quanto di una storia di formazione e rapporti umani nell’ambito del management sportivo. Un mondo che ha a che fare più con il business che non con i sentimenti, ma che Max Borenstein e soci riescono a rendere meravigliosamente “umano”.
PROBLEMATICA DEL FINALE
L’unico personaggio che esce un po’ da questo schema è Jerry Tarkanian (Rory Cochrane). Praticamente quasi tutto l’episodio segue i tentativi di Buss di convincere l’allenatore dell’allora UNLV a sostituire Jerry West alla guida della squadra.
E fin qui va tutto bene, e probabilmente ricalca in maniera verosimile quelli che devono essere stati i reali rapporti fra i due, fino a che non si arriva al cliffhanger finale. Che è certamente funzionale per la trama orizzontale, ma che risulta in qualche modo forzato, non a caso ha già fatto sollevare parecchi dubbi agli appassionati di pallacanestro. Una caduta nel true crime (basato però più su pettegolezzi che non su fatti storici documentati) che non convince molto e che rischia di diventare un passo falso in uno show che ha fatto dell’attendibilità storica il suo principale punto di forza.
Ad ogni modo, l’episodio risulta comunque godibile e certamente anche questo ultimo colpo di scena non può che far aumentare la curiosità attorno a questa vicenda.
Se è vero che “Il Meglio Deve Ancora Arrivare”, chissà cosa saranno la prossime puntate.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Episodio cruciale per la trama orizzontale di Winning Time: The Rise Of The Lakers Dynasty. Entra in scena il personaggio fondamentale di Pat Riley e viene sviscerato (in maniera più o meno fedele ai fatti storici) l‘affaire-Tarkanian. Nel mentre i vari personaggi continuano il loro percorso di “emarginati di successo”, il vero motivo per guardare questo show.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!