Ed eccoci così alla prima vera linea di demarcazione. Gli anni ’70 portano infatti i primi episodi a colori. L’impatto con il primo episodio della settima stagione, infatti, fa molto pensare ad un grande salto temporale. Per noi spettatori del 2014, un episodio in bianco e nero corrisponde ad un passato remoto. Il passaggio ai colori, invece, seppur datato solo un anno dopo l’ultimo in bianco e nero, e oltre quarant’anni fa, ci porta verso una visione familiare ed accogliente. Per la prima volta, finalmente, è possibile assistere a tutti gli episodi, senza perdita alcuna. L’attaccamento verso il Dottore di Pertwee, in questo modo, si intensifica ancora di più rispetto agli altri, senza considerare le ben cinque stagioni narranti le sue gesta (seppur con meno episodi rispetto alle precedenti). Il terzo Dottore non era apparso dopo la rigenerazione di Troughton, ma ci viene mostrato per la prima volta al suo arrivo sulla Terra, all’inizio del suo esilio. Una buona porzione delle sue avventure si svolgeranno in collaborazione con la U.N.I.T. (già presentataci durante il periodo di Troughton). La U.N.I.T. altro non è che un sottogruppo militare, al comando delle Nazioni Unite, incaricato di indagare tutto ciò che riguarda l’ambito extraterrestre. E cosa può esserci di meglio della collaborazione di un Time Lord in esilio?
Sicuramente traspare di molto la sensazione che gli sceneggiatori stessero in qualche modo cercando di capire la formula migliore per catturare l’attenzione degli spettatori, e per non far diventare Doctor Who un prodotto ripetitivo e stantio. Ecco quindi un primo cambio di direzione. Se poteva forse aver stufato il continuo peregrinare del Time Lord con i suoi companions, in una struttura prettamente seriale e con poca continuità, la formula che si ritenne giusto sperimentare fu quella di una stabilità geografica. Poi, si sa, nel mondo di Doctor Who, la Terra è continuamente sotto attacchi alieni, nulla venne quindi snaturato. Paradossalmente, questa monotonia ambientale (che comunque non durerà poi molto) ha l’effetto di creare nuova attesa verso temi e ambienti familiari ai fan, quali il Tardis, l’incertezza del luogo e del tempo, la fantasia degli sceneggiatori nel creare nuovi mondi. Si delinea così, nelle prime stagioni, una forte (forse involontaria) trama orizzontale. Il Dottore infatti, privato dei ricordi sul funzionamento del Tardis, di serial in serial continuerà a cercare la quadratura del cerchio. Interessante come in “Inferno” (ultimo serial della settima stagione) con la sola consolle riuscirà ad effettuare uno spostamento andando così a visitare un universo parallelo. Ecco anche le prime tematiche fantascientifiche, nel senso letterale del termine. Ci viene spiegato come, muovendoci lungo la linea del tempo, sia possibile scivolare “fuori strada” cadendo in un’altra linea temporale, ossia una dimensione parallela.
Nella settima stagione, quella in cui il nostro protagonista si sposterà meno, veniamo a conoscenza anche di un unicum (per ora) nell’universo di Doctor Who. Liz Shaw, scienziata ai servizi dell’U.N.I.T., è la prima compagna del Dottore di Pertwee. Se non fosse, però, che è una partner atipica. E’ infatti l’unica a non viaggiare mai con il Tardis, bensì con l’inseparabile Bessy (l’automobile del Dottore); rimane spesso diffidente sulla natura aliena del Dottore e a fine stagione se ne andrà come se nulla fosse. Conoscendo la storia, potremmo considerarla la più sfortunata di tutte/i. Diverso il discorso per Jo Grant, prima companion fissa dai tempi di Jamie McCrimmon, ma rispetto allo scozzese, prima vera companion nella forma più classica (per noi, almeno). Jo viene affidata al Dottore come sua assistente e piano piano, dopo una diffidenza iniziale, si guadagna la sua fiducia, dando il via così ad una bella amicizia. Nelle tre stagioni in cui sarà presente, Jo, con la sua gentilezza e bontà, contrasterà il carattere serioso e irascibile del Dottore. Salvo poi farlo apparire in quella che era considerata la sua immagine di allora: una figura paterna. Segnalo questa scena, la quale tocca apici di tenerezza ed epicità, riconoscibili dai fan come vero e proprio marchio di fabbrica della serie. E così come si crea un bel rapporto tra i due, così l’addio diventa doloroso. Non tanto per Jo, la quale trova nuovi stimoli ed un marito, quanto per il Dottore che inizia a sentire sempre di più la sua condizione di solitudine con l’andare e venire delle tante persone conosciute. Il Dottore di David Tennant, nello speciale “The Next Doctor”, dirà a Jackson Lake: “they leave, because they should or they find someone else, and some of them… forget me. I suppose, in the end, they break my heart”. E quest’ultimo effetto, nell’addio a Jo Grant, è più chiaro che mai. Arriva poi, nell’ultima stagione di Jon Pertwee, Sarah Jane Smith. La companion così importante da indurre a realizzare addirittura, anni dopo, uno spin-off. I fan della nuova serie tra l’altro la conosceranno per qualche sporadica apparizione, ad esempio in “School Reunion“. Saltano subito agli occhi i motivi della sua lunga permanenza. Intanto ottime doti recitative, poi una fantastica dinamicità e alchimia con la figura del Dottore. L’aspetto più sgraziato e meno femminile (almeno nelle sue prime apparizioni), rispetto alla graziosa Jo, ma sicuramente dotata della capacità di farsi voler bene subito dai fan. Tra l’altro il suo debutto in “The Time Warrior” coincide con la prima apparizione dei Sontaran e con la prima volta in cui si conosce il nome del pianeta di provenienza del Dottore (dopo ben 11 anni!). Altra figura ricorrente è quella del brigadiere Lethbridge-Stewart, classico inglese che non si scompone nemmeno di fronte alle situazioni più strane, e benché di carattere e convinzioni radicalmente diverse, nutre una grandissima, nonché corrisposta stima verso il collega alieno. La sua figura è anche la scusa per palesare le idee profondamente anti-militariste del Dottore.
Ma com’è il carattere di questo terzo Dottore? Inizialmente è chiarissima la sua rabbia per il trattamento subito. Quasi sprezzante verso la scarsa intelligenza terrestre, la sua insofferenza lo porterà spesso ad un’arroganza e ad un’ira fuori dal comune. E’ inoltre un uomo di azione. Vediamo per la prima volta scene di lotta ed inseguimenti, anche grazie alla sua approfondita conoscenza della arti marziane venusiane (oltre che delle ninne nanne). Tuttavia, sin dalla sua prima scelta di un abito vistoso e sgargiante, è possibile notare la sua indole profondamente galante. Con il tempo, e con la riconquista del controllo del Tardis, si scioglierà e comincerà a considerare la Terra (pianeta a cui aveva già dimostrato un forte attaccamento, motivo per cui vi era finito in esilio) come seconda casa, allontanando l’insofferenza iniziale. Come tematiche familiari al mondo di Doctor Who, possiamo osservare l’inserimento anche di elementi attuali per l’epoca. Non mancano gli approfondimenti mistici, spirituali (numerose le strizzatine d’occhio al Buddhismo) e soprattutto ecologisti. Interessante notare anche come sia presente un embrione dell’idea del sacrificio nell’evitare stragi di massa (tematica frequentissima e importantissima nella nuova serie), se ne ha un esempio in “Colony in Space”.
Tra i vari antagonisti, particolarmente significativo è il rapporto con The Master (continuo a trovare inspiegabile la traduzione con “Maestro” quando quella più corretta e in linea con il personaggio è “Padrone”, tuttavia la resa in italiano non è comunque così scontata). Questo si rivela, oltre ad essere un Time Lord rinnegato, un personaggio profondamente determinato (quasi disturbato) nel rovinare qualsiasi cosa sia cara al Dottore. Ecco spiegato l’accanimento verso la Terra. E’ possibile riscontrare nei due, tuttavia, una certa solidarietà nascosta, a dimostrazione della loro lontana amicizia. Purtroppo Roger Delgado, il primo attore ad interpretarlo, morì in un incidente stradale nel 1973, motivo, tra gli altri, che spinse Jon Pertwee a voler abbandonare la serie.
I cinque anni di “reggenza” di Pertwee comprendono anche il 1973, ossia il primo decennio della serie. Ecco quindi un ingenuo ma affascinante episodio celebrativo. “The Three Doctors” (decima stagione) vede il coinvolgimento di Patrick Troughton e anche un piccolissimo cameo, tramite uno schermo, di William Hartnell. Quest’ultimo infatti era troppo debole per riprendere totalmente i panni del Dottore. Gli scambi di battute tra Pertwee e Troughton sono godibilissimi. Sicuramente l’intero plot poteva essere curato e gestito meglio, non trascurando la spiegazione che verrà poi data su “The Day Of The Doctor” riguardo i flussi temporali non in sincrono e quindi sull’impossibilità di ricordare l’accaduto da parte del Dottore più “giovane”. Tuttavia un episodio del genere rappresenta un must imperdibile per gli appassionati.
Ritornando al concetto di sacrificio, ecco la prima vera rigenerazione così come noi la conosciamo (“Planet Of The Spiders”). Pur sapendo della sua morte, il Dottore riporta il cristallo blu su Metebelis 3, dove lo aveva precedentemente rubato (“The Green Death”). La vera cosa interessante è il colpo di scena (e che colpo di scena!) che vediamo alla fine, riguardo la natura del monaco buddhista (non dirò altro per evitare spoiler agli interessati). Vengono così svelate nuove verità sul fenomeno della rigenerazione, tra cui la possibilità di creare una proiezione della futura incarnazione (a tal proposito, chissà che la spiegazione delle precedenti apparizioni di Peter Capaldi…). Viene così svelato a Sarah e a Lethbridge-Stewart di come, accelerando il processo di rigenerazione del Dottore, mescolando le sue cellule cerebrali si otterrà una sua versione completamente “erratic” (incostante, stravagante, bizzarro, eccentrico). E anche chi non ha visto mai neanche mezza puntata della serie classica, sa benissimo che nessuna descrizione si addice meglio al Dottore che più di tutti è rimasto celebre nell’immaginario collettivo: il Dottore di Tom Baker.
Prime apparizioni: Nestene Consciousness, Silurians, The Master, Sonataran, Sarah Jane Smith, il nome Gallifrey, il termine Regeneration.
Shoes!”
da “Spearhead From Space”, 1970
“A tear, Sarah Jane? No, don’t cry. While there’s life, there’s…”
da “Planet Of The Spiders”, 1974
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.