“We all know how this ends, don’t we? Everybody dies.
That shouldn’t be a surprise. So, what’s an old white man to do with a lifetime of knowledge, doomed to erasure, except wield it like a sword?
Great men say, “Balls to death”. My crew respects that.
Good morning, dear family. Rise and shine.”
LEADERSHIP
Uno dei difetti riscontrati nella prima stagione era una dinamica tra Layton e Melanie fin troppo sondata nelle puntate e che funzionava, soprattutto, grazie all’interpretazione di Jennifer Connelly piuttosto che nella caratterizzazione dei personaggi o nella scrittura della sceneggiatura. Con l’arrivo di Wilford le carte vengono mescolate, creando uno strambo quanto efficace trio. Wilford non solo è come Melanie lo aveva descritto o come si poteva immaginarlo, un leader capace di tenere tutti in mano. È anche meglio.
Dopo aver costretto Kevin a suicidarsi, in “A Great Odyssey” torna alla carica mettendo Alex con le spalle al muro mentre manovra Big Alice.
Se l’introduzione del personaggio interpretato da Sean Bean è una ventata d’aria fresca, non si può dire lo stesso per il resto della narrazione che continua ad avere i medesimi problemi delle precedenti puntate. Probabilmente i quarantacinque minuti canonici per una puntata son troppi, oppure il filo della storia sarebbe stato agevolato da un numero minore di episodi (10 in totale, come la prima stagione). Lentamente, vengono messe delle molliche di pane che conducono passo passo alle ultime puntate. Piccoli escamotage troppo brevi per poter essere apprezzabili. Come Alex che prende il controllo del treno, l’unico vero avvenimento adrenalinico.
La mancanza di cibo fresco sul Big Alice è un fatto conosciuto già dalla scorsa puntata, ma che viene utilizzato da Layton come merce di scambio per avere dei pezzi per aggiustare lo Snowpiercer e potenziarlo per non dirottare durante la curva. Anche per quanto riguarda la “creatura” che Wilford sta manipolando in laboratorio si sanno poche informazioni.
La puntata manca di mordente, necessario da far sì che lo spettatore aspetti con impazienza la settimana successiva. Per Snowpiercer l’uscita settimanale degli episodi non è solo data dall’emergenza COVID che ha impedito la normale ripresa dello show, ma sembra una scelta ponderata dopo la prima stagione, fatta uscire con la stessa modalità.
MADRE E FIGLIA
Il rapporto tra Melanie e Alex è l’aggiunta più interessante, assieme all’arrivo di Wilford. Alex ha subito anni di lavaggio del cervello da parte di Wilford che ha un forte ascendente non solo su di lei, ma su tutti i passeggeri. Ruth ne è l’esempio più emblematico. Credendosi abbandonata dalla madre, la tratta con rancore e disprezzo. Almeno nelle prime due puntate.
Un veloce cambio di rotta per madre e figlia, che iniziano a costruire il rapporto da zero. Se il resto appare molto lento in Snowpiercer, non è il caso dell’affetto che Alex inizia a provare per Melanie. Non è però un difetto, data la giovane età della ragazza e il carisma e l’affeto smodato di Melanie per la figlia, contrapposta alla freddezza di Wilford.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Puntata traballante che torna a far chiedere cosa altro potrebbero tirar fuori dal cilindro gli sceneggiatori. Le idee ci sono tutte: l’uomo con inneschi di pelle con una resistenza incredibile alle basse temperature, Melanie che sta intuendo un brusco cambio di rotta per quel che riguarda il clima fuori dal treno. La vera domanda è: quanto bisognerà aspettare ancora prima che la serie ingrani realmente?
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.