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Quando ci si accinge ad intraprendere un viaggio all’interno del panorama seriale sudcoreano, bisogna tenere a mente che l’esperienza sarà notevolmente diversa rispetto ad una qualunque produzione di stampo hollywoodiano o, comunque, europeo. Questa estrema distinzione (che può piacere oppure no) si percepisce subito, già dopo pochi minuti dalla visione di “Episodio 2” (ma anche del pilot) e si infiltra in tutti gli elementi che compongono la serie: dalla regia alla fotografia, passando naturalmente per l’interpretazione. Quest’ultima, infatti, è spinta al massimo in maniera intenzionalmente caricaturale, teatrale, quasi istrionica e gran parte delle scene suscitano ilarità più che spaventare, ma questo deve essere messo in conto data la provenienza del prodotto.
Ciò che rende Sweet Home una valida alternativa al marasma di serie tv horror è, senza dubbio, l’importanza data alla componente gore e splatter che, per certi versi, si era andata un po’ a perdere facendo leva su un orrore più psicologico e meno sanguinolento. Gli amanti delle scene cruente, dei fiotti di sangue (dal naso), degli arti mozzati e, più in generale, di una esagerazione visiva avranno pane per i loro denti e potranno gustarsi mutilazioni à go-go.
Tratta dall’omonimo webtoon di Kim Kan-bi e Hwang Young-chan, Sweet Home strizza l’occhio a vari lungometraggi horror, dai quali riprende sia la tematica di un mondo invaso dagli zombie (Resident Evil), sia l’ambientazione di un fatiscente condominio (Rec), sia l’estetica delle creature che perseguitano i protagonisti (Silent Hill). Queste ispirazioni rappresentano solo una mera infarinatura dato che i sudcoreani ci mettono lo zampino e creano un prodotto differente, ma comunque godibile.
I personaggi della serie, oltre ad essere molteplici e continuare a spuntare come funghi, rappresentano dei veri e propri reietti della società, ognuno con le sue disgrazie ed i propri sogni infranti ma sono chiamati a collaborare tra di loro quando l’apocalisse si abbatte in città e lo sgangherato palazzo rimane l’unico rifugio sicuro. Uomini e donne che non avrebbero avuto nulla da spartire, in una condizione di normalità, si ritrovano costretti a convivere in una situazione brutale ma tragicomica, ed il risultato non sarà sicuramente favorevole.
L’hikikomori Cha Hyun-soo, il misterioso Pyeon Sang-wook, il pompiere Seo Yi-kyeong, assieme ad una ballerina, una bassista, un insegnante ed uno studente di medicina devono rimboccarsi le maniche e trovare una via di uscita, mentre zombie/mostri sempre più raccapriccianti infestano sia l’esterno che l’interno. La caratterizzazione dei personaggi è gestita particolarmente bene, ammiccando quel tanto che basta al passato dei protagonisti di cui lo spettatore vuole conoscere di più.
Tra le note negative di “Episodio 2” vale la pena sottolineare un non soddisfacente utilizzo della CGI che però può e deve essere giustificato da un budget ridotto. Il mega occhio che tenta di uccidere i due bambini è terrificante, ma non in senso positivo. Molto più ad effetto è invece la sequenza in cui Cha Hyun-soo deve raggiungere i due fanciulli ai piani inferiori, cercando di non farsi sentire dallo zombie mutilato (divertente il suo continuo esclamare “non ci vedo!”): la regia e la fotografia, sublimate da una perfetta colonna sonora che continua a rievocare il “Warrior” degli Imagine Dragons, riescono a tenere alta la tensione e trasmettere, forse per la prima volta in questo episodio, hype ed eccitazione.
Ciò che rende Sweet Home una valida alternativa al marasma di serie tv horror è, senza dubbio, l’importanza data alla componente gore e splatter che, per certi versi, si era andata un po’ a perdere facendo leva su un orrore più psicologico e meno sanguinolento. Gli amanti delle scene cruente, dei fiotti di sangue (dal naso), degli arti mozzati e, più in generale, di una esagerazione visiva avranno pane per i loro denti e potranno gustarsi mutilazioni à go-go.
Tratta dall’omonimo webtoon di Kim Kan-bi e Hwang Young-chan, Sweet Home strizza l’occhio a vari lungometraggi horror, dai quali riprende sia la tematica di un mondo invaso dagli zombie (Resident Evil), sia l’ambientazione di un fatiscente condominio (Rec), sia l’estetica delle creature che perseguitano i protagonisti (Silent Hill). Queste ispirazioni rappresentano solo una mera infarinatura dato che i sudcoreani ci mettono lo zampino e creano un prodotto differente, ma comunque godibile.
I personaggi della serie, oltre ad essere molteplici e continuare a spuntare come funghi, rappresentano dei veri e propri reietti della società, ognuno con le sue disgrazie ed i propri sogni infranti ma sono chiamati a collaborare tra di loro quando l’apocalisse si abbatte in città e lo sgangherato palazzo rimane l’unico rifugio sicuro. Uomini e donne che non avrebbero avuto nulla da spartire, in una condizione di normalità, si ritrovano costretti a convivere in una situazione brutale ma tragicomica, ed il risultato non sarà sicuramente favorevole.
L’hikikomori Cha Hyun-soo, il misterioso Pyeon Sang-wook, il pompiere Seo Yi-kyeong, assieme ad una ballerina, una bassista, un insegnante ed uno studente di medicina devono rimboccarsi le maniche e trovare una via di uscita, mentre zombie/mostri sempre più raccapriccianti infestano sia l’esterno che l’interno. La caratterizzazione dei personaggi è gestita particolarmente bene, ammiccando quel tanto che basta al passato dei protagonisti di cui lo spettatore vuole conoscere di più.
Tra le note negative di “Episodio 2” vale la pena sottolineare un non soddisfacente utilizzo della CGI che però può e deve essere giustificato da un budget ridotto. Il mega occhio che tenta di uccidere i due bambini è terrificante, ma non in senso positivo. Molto più ad effetto è invece la sequenza in cui Cha Hyun-soo deve raggiungere i due fanciulli ai piani inferiori, cercando di non farsi sentire dallo zombie mutilato (divertente il suo continuo esclamare “non ci vedo!”): la regia e la fotografia, sublimate da una perfetta colonna sonora che continua a rievocare il “Warrior” degli Imagine Dragons, riescono a tenere alta la tensione e trasmettere, forse per la prima volta in questo episodio, hype ed eccitazione.
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Il secondo episodio di Sweet Home conferma il buon giudizio iniziale e si presenta come un buon horror alternativo made in South Korea. Dopo essersi abituati all’estrema teatralità delle interpretazioni ed alle scelte di regia, ci si può gustare ottime scene splatter che regalano sempre quella marcia in più.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.