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“It’s only fallen apart if we say it has. That’s the thing about the monarchy. We paper over the cracks. And if what we do is loud and grand and confident enough, no one will notice that all around us it’s fallen apart. That’s the point of us. Not us. Of you. You cannot flinch. Because if you show a single crack, we’ll see it isn’t a crack, but a chasm, and we’ll all fall in. So you must hold it all together.”
The Crown si congeda dal suo pubblico anche con la terza stagione e lo fa nello stesso modo con la quale si era presentata nella season premiere: con un’eleganza spropositata ed una raffinatissima modalità d’esecuzione.
Questa terza stagione si è mostrata in maniera abbastanza differente rispetto alle prime due. Laddove i precedenti cicli di episodi avevano come scopo primario la presentazione dei protagonisti, con grandi interpretazioni da parte di Claire Foy e Matt Smith su tutti a rendere perfettamente l’idea di personaggi titubanti e alle prime armi in una grande e nuova realtà, quello attuale ha mostrato la parte più matura e consapevole dell’intero quadro.
Tuttavia, è stato lo sviluppo della narrazione a procedere in maniera del tutto differente. Nella terza stagione, infatti, non sono stati i personaggi a raccontare la storia ma è stata la storia a raccontare i personaggi. E con storia non ci si riferisce alle varie trame costruite intorno ai character, bensì alla storia intesa come evoluzione di un paese e di un’epoca. Alcune situazioni storiche di grande spessore per la società inglese/mondiale hanno infatti scandito e raccontato i passaggi dei personaggi. Partendo da un contesto ampio e collettivamente d’impatto, The Crown è riuscita magnificamente ad introdurre i tormenti interiori, i dilemmi e le prese di posizione dei membri della casa reale, rendendoli al contempo molto più umani.
Si è assistito così, ad una stagione dalle mille sfaccettature che ha raccontato dell’apparente freddezza della regina attraverso il dramma del disastro di Aberfan; della crisi di mezz’età del principe Filippo attraverso uno straordinario episodio che ha portato gli spettatori a rivivere lo sbarco sulla luna; o ancora si è avuta la possibilità di conoscere figure di spessore come Alice di Battenberg e Lord Mountatten attraverso i colpi di stato, reali o eventuali, che hanno caratterizzato la Grecia e l’Inghilterra verso la fine degli anni 60.
E mentre questi grandi avvenimenti storici hanno accompagnato la stabilizzazione di personaggi come Elisabetta e Filippo, i cambiamenti più grandi che sono emersi da questa stagione, prendendosi il primo piano, riguardano due figure che avevano ancora molto da raccontare a livello di evoluzione personale: Carlo e Margaret. Se Carlo si prende la scena per la prima volta, regalando grazie a un ottimo Josh O’Connor i dissidi interiori e i turbamenti personali derivati dalla sua posizione, Margaret ritorna in pompa magna con un capitolo ancora più “pieno” rispetto a quello raccontato nelle prime stagioni da Vanessa Kirby. Dopo aver avuto un assaggio di questa nuova versione della principessa nella seconda puntata, l’ultimo episodio si concentra ancora su di lei, dando spazio ad una fase sovrabbondante di avvenimenti e scandali (soprattutto per l’epoca) e, allo stesso tempo, rendendo il giusto omaggio a Helena Bonham Carter, nuovo volto che la interpreta.
Gli anni 70 di Margaret sono infatti stati costellati da tradimenti, liaison amorose, una pericolosa overdose da sonniferi e infine il divorzio, passato alla storia come il primo tra i membri principali della famiglia reale sin dal 1901. Tutta una serie di avvenimenti che lo show è riuscito a portare in scena in modo encomiabile, non risultando mai eccessivo nei modo ma anzi, restando fedele alla propria eleganza narrativa. Un grande ruolo lo ha svolto naturalmente anche la Carter, che si è dimostrata perfetta per rappresentare un personaggio così difficilmente controverso, stratificato e tormentato come la principessa Margaret.
Questa terza stagione si è mostrata in maniera abbastanza differente rispetto alle prime due. Laddove i precedenti cicli di episodi avevano come scopo primario la presentazione dei protagonisti, con grandi interpretazioni da parte di Claire Foy e Matt Smith su tutti a rendere perfettamente l’idea di personaggi titubanti e alle prime armi in una grande e nuova realtà, quello attuale ha mostrato la parte più matura e consapevole dell’intero quadro.
Tuttavia, è stato lo sviluppo della narrazione a procedere in maniera del tutto differente. Nella terza stagione, infatti, non sono stati i personaggi a raccontare la storia ma è stata la storia a raccontare i personaggi. E con storia non ci si riferisce alle varie trame costruite intorno ai character, bensì alla storia intesa come evoluzione di un paese e di un’epoca. Alcune situazioni storiche di grande spessore per la società inglese/mondiale hanno infatti scandito e raccontato i passaggi dei personaggi. Partendo da un contesto ampio e collettivamente d’impatto, The Crown è riuscita magnificamente ad introdurre i tormenti interiori, i dilemmi e le prese di posizione dei membri della casa reale, rendendoli al contempo molto più umani.
Si è assistito così, ad una stagione dalle mille sfaccettature che ha raccontato dell’apparente freddezza della regina attraverso il dramma del disastro di Aberfan; della crisi di mezz’età del principe Filippo attraverso uno straordinario episodio che ha portato gli spettatori a rivivere lo sbarco sulla luna; o ancora si è avuta la possibilità di conoscere figure di spessore come Alice di Battenberg e Lord Mountatten attraverso i colpi di stato, reali o eventuali, che hanno caratterizzato la Grecia e l’Inghilterra verso la fine degli anni 60.
E mentre questi grandi avvenimenti storici hanno accompagnato la stabilizzazione di personaggi come Elisabetta e Filippo, i cambiamenti più grandi che sono emersi da questa stagione, prendendosi il primo piano, riguardano due figure che avevano ancora molto da raccontare a livello di evoluzione personale: Carlo e Margaret. Se Carlo si prende la scena per la prima volta, regalando grazie a un ottimo Josh O’Connor i dissidi interiori e i turbamenti personali derivati dalla sua posizione, Margaret ritorna in pompa magna con un capitolo ancora più “pieno” rispetto a quello raccontato nelle prime stagioni da Vanessa Kirby. Dopo aver avuto un assaggio di questa nuova versione della principessa nella seconda puntata, l’ultimo episodio si concentra ancora su di lei, dando spazio ad una fase sovrabbondante di avvenimenti e scandali (soprattutto per l’epoca) e, allo stesso tempo, rendendo il giusto omaggio a Helena Bonham Carter, nuovo volto che la interpreta.
Gli anni 70 di Margaret sono infatti stati costellati da tradimenti, liaison amorose, una pericolosa overdose da sonniferi e infine il divorzio, passato alla storia come il primo tra i membri principali della famiglia reale sin dal 1901. Tutta una serie di avvenimenti che lo show è riuscito a portare in scena in modo encomiabile, non risultando mai eccessivo nei modo ma anzi, restando fedele alla propria eleganza narrativa. Un grande ruolo lo ha svolto naturalmente anche la Carter, che si è dimostrata perfetta per rappresentare un personaggio così difficilmente controverso, stratificato e tormentato come la principessa Margaret.
Regina Elisabetta: “Must I do that alone?”
Margaret: “There is only one queen.”
Margaret: “There is only one queen.”
Al primo posto di “Cri De Coeur” però, si piazza senza alcun dubbio il confronto tra le due sorelle Margaret ed Elisabetta dove, inutile ribadirlo, Olivia Colman e Helena Bonham Carter si impongono in scena in maniera sublime. L’intera conversazione appare come un’unica confidenza famigliare e spazia dai problemi personali di Margaret a quelli più istituzionali di Elisabetta. In entrambi i casi ad emergere è l’accettazione delle due, con la regina pronta ad accettare il divorzio della sorella e Margaret pronta a restituire il favore rincuorandola sul peso del suo ruolo.
La parte finale, poi, viene dedicata interamente alla protagonista principale di The Crown. La serie giunge al 1977, data del Giubileo d’argento della regina che segnava il 25° anniversario della sua ascesa al trono. E dopo 10 episodi che l’hanno vista perlopiù come giudice vigile ed intransigente, figura ormai consapevole del proprio ruolo, i riflettori della terza stagione si spengono giustamente proprio su di lei.
La parte finale, poi, viene dedicata interamente alla protagonista principale di The Crown. La serie giunge al 1977, data del Giubileo d’argento della regina che segnava il 25° anniversario della sua ascesa al trono. E dopo 10 episodi che l’hanno vista perlopiù come giudice vigile ed intransigente, figura ormai consapevole del proprio ruolo, i riflettori della terza stagione si spengono giustamente proprio su di lei.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una terza stagione perfetta sotto tutti i punti di vista e caratterizzata da una fortissima componente storica. Tutto in attesa che la quarta stagione apra le porte degli anni più recenti, arrivando a raccontare forse la parte più controversa della storia della famiglia di Elisabetta II. E poi, i personaggi di Diana e Margaret Thatcher attesi per il prossimo ciclo già bastano a mantenere alto l’hype.
Imbroglio 3×09 | ND milioni – ND rating |
Cri De Coeur 3×10 | ND milioni – ND rating |
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.