0
(0)
Con la notizia che lo show subirà un troncamento non voluto a causa dell’emergenza Covid-19, assistere ad un episodio di The Good Fight, ancora più rispetto a prima, equivale a immergersi per 50 minuti in un contesto narrativamente e stilisticamente efficace. Però non andando oltre a ciò.
Da un paio di stagioni a questa parte The Good Fight non ha un protagonista ben definito. Lo scettro di personaggio principale rimbalza da una figura all’altra a seconda della trama verticale che si dipana lungo l’episodio (forse Maia Rindell, presente nelle precedenti stagioni, rappresentava un punto di riferimento che meglio definiva i vari ruoli). Allo stesso modo diventa difficile tracciare una linea precisa nel delineare una precisa trama orizzontale. Se da un lato lo era già nella precedente stagione, in questo caso specifico il fil rouge della stagione (Memo 618) ha una connotazione estremamente politico-cospirazionista, dal carattere ironico, esasperato, tipico dell’esercizio di stile. Qualcosa che in The Good Wife non si sarebbe mai visto, per essere schietti, ma in BrainDead sì.
Per 50 minuti lo spettatore gode della fine scrittura dei King, rimane anche una discreta curiosità nell’andare avanti con la trama ma rimane anche la consapevolezza che a stagione finita (o interrotta, come in questo caso) i ricordi svaniranno, ma difficilmente sarà un problema comprendere ed immergersi nella stagione successiva.
Rispetto alle brillanti puntate precedenti, “The Gang Offends Everyone” patisce di sottotrame distribuite equamente senza farne predominare nessuna, così come del minutaggio esteso che distende oltremodo il ritmo, con il risultato, forse tra le prime volte, di appesantire la visione e di conseguenza di rendere meno interessanti le trame presentate.
Puntando la lente d’ingrandimento sulle quattro linee narrative, è innegabile che nessuna abbia le carte in regola per assumere un ruolo predominante, con la conseguenza della lentezza sopracitata.
La questione del Memo 618 è innegabilmente quella che più incuriosisce ma, oltre a quanto detto prima sulla natura di tale trama, il minutaggio limitato a essa riservata la relega, in questo caso, a trama di secondo piano (relegando, di conseguenza, Diane a personaggio non predominante). La deriva estremamente conspirazionista della questione Memo 618 sembra assumere connotazioni satiriche ma soprattutto parodistiche del genere. La figura dell’anonima funzionaria che già indagava sulla presunta cospirazione, con la casa piena di fascicoli e fogli e lo sguardo invasato, sembra essere uno stereotipo voluto e ricercato. Chissà se anche la risoluzione di tale vicenda (il rapidissimo sblocco dell’indagine con la trappola al misterioso Visitor e il conseguente pedinamento) non stia venendo liquidata rapidamente, per confluire in chissà che sviluppo narrativo, oppure per rappresentare una qualche metafora socio-politica più o meno profonda.
La parte del leone è senz’altro quella di Adrian Boseman a cui viene riservato il 50% delle sottotrame. Parzialmente suo è il palcoscenico del caso legale di giornata, dalle connotazioni splendidamente etiche e politiche in perfetto stile King, così come lo sviluppo fantapolitico a lui riservato. Anche in questo caso, infatti, l’eccessiva soluzione che vedrebbe Adrian come possibile candidato (a perdere) alla presidenza degli Stati Uniti, mischia verosimiglianza (viene esplicitato che la sua immagine serve solo come punto di partenza per dettare una linea nel partito) con estrema fantasia (si parla pur sempre di un candidato Presidente). In questa situazione il conflitto tra discriminazione razziale e sessuale confluisce e viene influenzato direttamente nelle aspirazioni politiche di Adrian, così come la sua vita privata e la relazione con il giudice.
Occorre invece sospendere il giudizio sullapoco interessante finora statica storyline riservata a Lucca, alla sua amica ricca, ai soldi vinti e alla borsa nuova. Conoscendo i King, sicuramente insistere tanto su una vicenda non potrà non portare ad un qualche rilevante sviluppo per l’intero show. Allo stato attuale, tuttavia, la sensazione durante la visione è quella di una Lucca che ha forse poco da dire e che è stata relegata ad una sottotrama di serie B.
Da un paio di stagioni a questa parte The Good Fight non ha un protagonista ben definito. Lo scettro di personaggio principale rimbalza da una figura all’altra a seconda della trama verticale che si dipana lungo l’episodio (forse Maia Rindell, presente nelle precedenti stagioni, rappresentava un punto di riferimento che meglio definiva i vari ruoli). Allo stesso modo diventa difficile tracciare una linea precisa nel delineare una precisa trama orizzontale. Se da un lato lo era già nella precedente stagione, in questo caso specifico il fil rouge della stagione (Memo 618) ha una connotazione estremamente politico-cospirazionista, dal carattere ironico, esasperato, tipico dell’esercizio di stile. Qualcosa che in The Good Wife non si sarebbe mai visto, per essere schietti, ma in BrainDead sì.
Per 50 minuti lo spettatore gode della fine scrittura dei King, rimane anche una discreta curiosità nell’andare avanti con la trama ma rimane anche la consapevolezza che a stagione finita (o interrotta, come in questo caso) i ricordi svaniranno, ma difficilmente sarà un problema comprendere ed immergersi nella stagione successiva.
Rispetto alle brillanti puntate precedenti, “The Gang Offends Everyone” patisce di sottotrame distribuite equamente senza farne predominare nessuna, così come del minutaggio esteso che distende oltremodo il ritmo, con il risultato, forse tra le prime volte, di appesantire la visione e di conseguenza di rendere meno interessanti le trame presentate.
Puntando la lente d’ingrandimento sulle quattro linee narrative, è innegabile che nessuna abbia le carte in regola per assumere un ruolo predominante, con la conseguenza della lentezza sopracitata.
La questione del Memo 618 è innegabilmente quella che più incuriosisce ma, oltre a quanto detto prima sulla natura di tale trama, il minutaggio limitato a essa riservata la relega, in questo caso, a trama di secondo piano (relegando, di conseguenza, Diane a personaggio non predominante). La deriva estremamente conspirazionista della questione Memo 618 sembra assumere connotazioni satiriche ma soprattutto parodistiche del genere. La figura dell’anonima funzionaria che già indagava sulla presunta cospirazione, con la casa piena di fascicoli e fogli e lo sguardo invasato, sembra essere uno stereotipo voluto e ricercato. Chissà se anche la risoluzione di tale vicenda (il rapidissimo sblocco dell’indagine con la trappola al misterioso Visitor e il conseguente pedinamento) non stia venendo liquidata rapidamente, per confluire in chissà che sviluppo narrativo, oppure per rappresentare una qualche metafora socio-politica più o meno profonda.
La parte del leone è senz’altro quella di Adrian Boseman a cui viene riservato il 50% delle sottotrame. Parzialmente suo è il palcoscenico del caso legale di giornata, dalle connotazioni splendidamente etiche e politiche in perfetto stile King, così come lo sviluppo fantapolitico a lui riservato. Anche in questo caso, infatti, l’eccessiva soluzione che vedrebbe Adrian come possibile candidato (a perdere) alla presidenza degli Stati Uniti, mischia verosimiglianza (viene esplicitato che la sua immagine serve solo come punto di partenza per dettare una linea nel partito) con estrema fantasia (si parla pur sempre di un candidato Presidente). In questa situazione il conflitto tra discriminazione razziale e sessuale confluisce e viene influenzato direttamente nelle aspirazioni politiche di Adrian, così come la sua vita privata e la relazione con il giudice.
Occorre invece sospendere il giudizio sulla
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Piccolo passo indietro per The Good Fight, quasi a confermare, nella seconda parte di stagione, la tendenza a far sgonfiare trame potenzialmente interessanti.
The Gang Goes To War 4×05 | ND milioni – ND rating |
The Gang Offends Everyone 4×06 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.