La serie di casa Hulu prosegue con la Purdue Pharma che utilizza tutto il suo potere economico per diffondere ulteriormente l’Oxy in tutti gli Stati Uniti. Un luogo dove, remunerate ampiamente le giuste lobby, ormai il medicinale è accettato normalmente e utilizzato senza remore dai medici e persino negli ospedali.
“PAIN NATION”
Negli ultra-capitalistici Stati Uniti il dio denaro è in grado di superare ogni barriera, anche quella del dolore. L’ American Pain Society (APS) nel 1996 lanciò una famosa campagna che istituiva il dolore come “the 5th vital sign” dando vita ad un larghissimo bombardamento mediatico in tal senso. Ma le modalità con cui gli americani potevano affrontare i vari dolori di natura medica erano solo una piccola parte del problema, visto che il vero obiettivo era rendere gli Stati Uniti la “Pain Nation” con tutto ciò che ne è conseguito allora e i cui effetti sono ancora visibili al giorno d’oggi.
Il titolo di questo terzo episodio racchiude letteralmente l’intera essenza della serie e, naturalmente, a trarre maggior profitto da questa situazione sono state le Big Pharma statunitensi.
Ed ecco allora che anche personaggi animati dalle migliori intenzioni come il Dottor Finnix, interpretato dall’ottimo Micheal Keaton, o la povera minatrice Betsy vengono risucchiati, in modo diverso, nell’enorme e istantanea diffusione dell’Oxy che stravolgerà la vita a milioni di cittadini nordamericani.
Peccato per il poco spazio concesso al personaggio interpretato da Rosario Dawson, anche se, già a partire dalla puntata precedente, l’agente della DEA Meyer sta pian piano conquistando un suo ruolo nell’economia della show, destinato sicuramente a crescere nei prossimi appuntamenti.
L‘incredibile intreccio sociale, politico ed economico alla base della serie è veramente sorprendente e non può che affascinare gli spettatori per una storia intricata che scava nelle radici profonde della società nordamericana. Unica nota dolente, nonostante l’evidente qualità della serie, è il minutaggio che si fa sentire e risulta leggermente eccessivo visti i 60 minuti previsti per ogni puntata.
STORIE PARALLELE
La narrazione procede su diversi piani narrativi che si intrecciano tra loro e, con la storia che entra maggiormente nel vivo, i numerosi flashback che nel pilot non avevano convinto risultano ora adeguati.
La definitiva affermazione sul mercato del medicinale viene sviscerata sotto diversi aspetti: quello prettamente giudiziario, con le prime cause contro Purdue Pharma; l’aspetto sanitario con l’accettazione dell’Oxy in ogni ambiente medico; l’emergenza sociale scatenata dalla dipendenza dall’Oxy; sino all’evidente focus sul potere economico della multinazionale farmaceutica, pronta a tutto pur di guadagnare di più.
Slogan come “We’re going to cure the world of its pain” nascondono in realtà un’avidità senza freni da parte di Richard Sackler, nemmeno a dirlo splendidamente interpretato da Michael Stuhlbarg nonostante il poco screen time a disposizione, ma con una mimica facciale perfetta che rende quasi superfluo ogni dialogo.
Il vero obiettivo della Purdue Pharma, rivelato nel finale di puntata, è dunque quello di conquistare il mercato europeo, dopo quello statunitense, portando i propri profitti verso cifre stellari, non curandosi ovviamente degli enormi danni collaterali nella vite delle persone ormai dipendenti dall’OxyContin.
“Produci, consuma, crepa,” cantava Giovanni Lindo Ferretti molto tempo fa e nulla sembra essere cambiato da allora.
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Un ottimo episodio per la nuova serie targata Hulu che conferma quanto di buono visto sino ad ora: un cast eccelso e una narrazione che si sviluppa su più piani e diventa sempre più intrigante, per una delle storie più interessanti apparse ultimamente sul piccolo schermo. Peccato per un minutaggio leggermente eccessivo, ma Dopesick si conferma come una delle miniserie migliori dell’anno.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.