Finalmente Killing Eve decide di approfondire la nascita dei Dodici, senza sprecarsi troppo a dire la verità, con una puntata molto movimentata e piena di eventi, di gran lunga la migliore di questa deludente quarta stagione. Dopotutto, viste le precedenti puntate non era poi così difficile far meglio.
I DODICI
“People like us aren’t made for happy lives with happy endings.”
Il flashback ambientato a Berlino alla fine degli anni ’70, in piena Guerra Fredda, è splendido a livello visivo, non solo per la scelta del bianco e nero, ma grazie anche ad un’ottima colonna sonora che accompagna la storia, sia nel presente che nel passato.
L’alternanza della narrazione tra Janice/Carolyn dell’epoca e Carolyn nel presente è un ottimo espediente narrativo per raccontare come l’agente segreto inglese sia collegata alla nascita dei Dodici e del suo passato turbolento con Konstantin: un momento necessario per comprendere a fondo alcune dinamiche e che obiettivamente arriva veramente troppo tardi. Tuttavia, questo almeno fornisce allo spettatore qualche risposta sul complicato puzzle a cui, puntata dopo puntata, si sono aggiunte domande e misteri, senza mai ricevere nessuna risposta.
Finalmente, inoltre, viene dato più spazio al personaggio di Carolyn, con Fiona Shaw che la interpreta perfettamente. Per l’occasione, non solo viene approfondito il passato della donna ma questa riesce anche a trovare Lars/Johan, sulle cui tracce sono anche Helene e Eve, con un confronto faccia a faccia previsto nel prossimo episodio che potrebbe chiarire molti dei misteri della storyline principale.
VILLANELLE
É inutile girarci intorno: il personaggio di Villanelle, sempre splendidamente interpretato da Jodie Comer, funziona solo quando compie il suo lavoro di assassina, mentre raramente ha trovato una dimensione convincente al di fuori della sua attività, di certo non tra chiese e battesimi come visto nella season premiere e in “Don’t Get Eaten“.
Nella sua parentesi cubana si assiste al meglio del repertorio, con il classico omicidio compiuto da Oksana con una punta di black humor, per un personaggio scritto bene e che ha un impatto sullo schermo innegabile quando è nel suo habitat naturale.
Un appunto da fare però riguarda l’eccessiva facilità con cui si sposta Oksana, nemmeno usasse il teletrasporto di Goku, visto che nell’arco di mezza puntata partendo da Cuba arriva in Europa come se niente fosse. Naturalmente si capiscono le esigenze narrative, ma questi repentini spostamenti potevano essere gestiti meglio tramite qualche didascalia o almeno delle scene di stacco.
Infine, interessante risulta la lezione universitaria a cui assiste Eve e che riguarda Amore e Psiche, personaggi della celebre storia di Apuleio tratta dalla sua opera “Le Metamorfosi”: un evidente riferimento al tossico rapporto sentimentale che vi è tra Eve e Villanelle.
La scena finale della puntata, dove Oksana viene trafitta da una freccia, è un chiaro riferimento alla storia di Apuleio: un momento sicuramente inaspettato che coglie di sorpresa lo spettatore e dall’importante significato. Questo nonostante bisogna ammettere che colpirla con una freccia in una zona abitata e in pieno giorno rimane una forzatura narrativa non da poco.
Naturalmente Villanelle non è morta e questo appare abbastanza scontato, resta da capire allora come si comporterà l’assassina a seguito di tale evento.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Don’t Get Attached” è la puntata di cui la serie aveva disperatamente bisogno per dare una scossa alla trama, peccato che arrivi leggermente in ritardo visto che lo show terminerà a breve. Senza dubbio il miglior episodio stagionale che ottiene una valutazione alta rispetto alle tante insufficienze raccolte sino ad ora da Killing Eve in questo quarto ciclo stagionale, anche se ci sono evidenti difetti non trascurabili. A sole tre puntate del termine, ancora non si è capito dove voglia andare la serie e perché si è sprecata completamente la prima parte della stagione, con il rischio di chiudere tutto in fretta e senza le adeguate spiegazioni. Non resta che proseguire la visione.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.