“E adesso?”. Se siete fan di Barry fin dalla sua primissima messa in onda e avete consumato avidamente ogni singolo episodio della serie trasmesso finora con cieco stupore, allora probabilmente questo sarà stato il vostro pensiero al termine della terza stagione. Sembrava davvero un’impresa impossibile riuscire a costruire una trama che potesse rendere onore a quanto visto nel corso dei primi tre archi narrativi, ora che il protagonista principale si trova dietro le sbarre, e invece questi primi due episodi sembrano proprio voler dimostrare il contrario. In effetti, qualcosa è cambiato. Due gli episodi andati in onda e ancora nessun massacro indiscriminato all’orizzonte. Tanta tristezza, quella sì, anche perché sennò non si tratterebbe di Barry, ma per il momento l’intenzione degli autori sembra quella di puntare sull’introspezione, mettendo i vari personaggi di fronte alle conseguenze delle proprie azioni e rivelando, forse per la prima volta, la loro vera natura agli occhi dello spettatore. “Bestest Place On The Earth” si configura ancora come episodio eminentemente introduttivo, al termine del quale, però, la macchina narrativa comincia a muoversi, lasciando presagire un finale di serie che, probabilmente, porterà con se ben pochi vincitori e molti vinti.
LA VITA È UN’OPERA TEATRALE IMPROVVISATA
Barry ha una particolare abilità nel porre i suoi personaggi in situazioni uniche. Spesso, nel corso delle stagioni passate, la necessità di aggrapparsi a qualsiasi opportunità disponibile li ha costretti a esibirsi. Tutto è cominciato da un sicario confuso che si aggirava in un teatro cercando di trovare uno scopo nella vita attraverso lezioni di recitazione e improvvisazione ma ora, in questa quarta e ultima stagione, le medesime dinamiche sembrano ripresentarsi, in modi differenti, in personaggi che fingono di amare qualcuno per i loro scopi personali, o che cercano di veicolare al proprio “pubblico” di criminali un’immagine di se stessi palesemente artificiosa e decisamente più affascinante della deludente realtà.
E a volte, questo desiderio di esibirsi, può perfino portare due criminali innamorati a sottoporre un’elaborata presentazione riguardante una nuova opportunità di lavoro a un gruppo di criminali storicamente in guerra tra loro. Barry, naturalmente, lo fa con il suo consueto stile surreale, intervallando la coreografia di Hank e Cristobal con l’arrivo della cameriera, la quale sembra non curarsi della tavolata di gangster che ha di fronte, oppure dotando i suddetti criminali di grossi peluche paillettati, cuscini a forma di ciambella e pupazzi di Pikachu. Il risultato, naturalmente, è perfetto nella sua totale assurdità, trasformando, ancora una volta, un gruppo di spietati criminali nell’ennesimo irresistibile siparietto comico.
Tutto ciò fa parte di una crisi esistenziale di massa che sta caratterizzando, almeno per il momento, questa quarta stagione di Barry. Mentre ci si prepara per l’inizio della fine, “The Bestest Place On The Earth” si configura come un racconto corale all’interno del quale i protagonisti cercano disperatamente di trovare un senso alle loro vite. Alcuni lo fanno per necessità, altri per inquietudine. Ma ben pochi, o forse nessuno di loro, sembra essere destinato ad avere successo al termine di questa quarta stagione.
VIVERE SENZA MASCHERE PER ESSERE SE STESSI
In questo quarto avvio stagionale, uno dei personaggi sicuramente più interessanti è il Gene Cousineau di Henry Winkler, che in questa occasione spinge all’eccesso il concetto di fonte anonima aggiungendo il suo inconfondibile (e in questo caso anche completamente inutile) tocco teatrale. Controllare la narrazione, evidentemente, non è abbastanza per lui, ma l’intera operazione deve anche trasformarsi in una sorta di caccia al tesoro atta a garantire la sua incolumità. Caccia al tesoro che viene immediatamente invalidata dall’estrema lentezza nel posizionamento degli indizi e che non fa altro che mettere in evidenza quel suo insopprimibile desiderio di essere sempre al centro dell’attenzione.
Un plauso va anche agli autori e alla brillante scrittura della versione di Gene, brillantemente interpretata (male) da Winkler e inoltre coerente nella sua plateale ricostruzione fittizia. In particolare, il passaggio “he turned on me, like an ungrateful tiger“, risulta essere una sapiente rivisitazione delle parole di incoraggiamento pronunciate proprio da Cousineau a Barry nel corso di una delle sue lezioni: “Let the cat out!“, provando ancora una volta il meticoloso lavoro di scrittura che c’è dietro a questa purtroppo sottovalutata serie HBO.
Nel frattempo, Sally sta diventando una spettatrice della sua stessa vita, spiattellata in prima pagina come spesso accade in questi casi e, in molte occasioni, anche ridicolizzata al punto di diventare quasi un meme vivente. Il suo agente le offre quindi un’opportunità: abbracciare l’inganno e puntare sulla carriera di influencer o di podcaster. Per Sally, condurre un podcast sarebbe l’equivalente di essere la testimone in un processo che non è il suo, o comunque una sorta di pensionamento anticipato. Una strada decisamente percorribile ma, ancora una volta, una scelta presa per volere degli altri e non per una sua scelta spontanea.
Nel frattempo, le allucinazioni di Barry stanno diventando sempre più elaborate. La reazione sbalordita alle sue stesse visioni è quella di qualcuno che sta ricreando scorci più elaborati di passato e futuro allo scopo di intorpidire il dolore del presente. In un certo senso, tutti i personaggi stanno cercando di nascondersi dietro alle interpretazioni di se stessi, se non attraverso una vera e propria performance teatrale, quantomeno attraverso la ricreazione di una versione ideale della propria esistenza. Barry vuole quindi mostrare allo spettatore quanto i tentativi di evitare la realtà o di indossare una maschera quando si tratta di comunicare con altre persone, siano soltanto soluzioni temporanee, utili solo per ottenere una flebile e temporanea sensazione di conforto, ma che alla fine si tratta solo di metodi artificiosi e controproducenti per evitare il duro confronto con la realtà.
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Un altro episodio di qualità in questo quarto, e ultimo, avvio stagionale di Barry. La valutazione potrebbe essere tranquillamente quella più alta, ma avendo bene a mente le potenzialità della serie, sarà meglio conservare il Bless per un’altra occasione. Giusto a titolo precauzionale.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.