Croci infuocate, bambine sul rogo, riti pagani e il suicidio di un parroco.
É il riassunto dei primi quattro minuti dell’episodio pilota di The Burning Girls. Un incipit cupo che descrive ben tre avvenimenti tragici ancor prima della sigla iniziale.
La miniserie in sei episodi che adatta per la tv l‘omonimo romanzo di C.J. Tudor, distribuita da Paramount+, non lascia dubbi e si inserisce fin da subito in una corrente ben precisa: il folk horror.
RISLENDA LA LUCE PERPETUA
“Guarda che buco di merda.”
La prima frase dell’episodio è pronunciata dalla scontrosa sedicenne Florence (Ruby Stokes) alla madre, il Reverendo Jacqueline “Jack” Brooks (Samantha Morton), all’arrivo nel sinistro villaggio di Chapel Croft. E l’apertura in medias res dei primi minuti e l’arrivo del nuovo Vicario non tolgono dubbi sul possibile compito di Jack nelle puntate successive: riportare la luce. Forse non solo a Chapel Croft, descritta con palette di colori che virano verso un giallo acido-paranoico, ma anche dentro lo stesso passato della famiglia Brooks.
É vero, ci sono i tropi classici del racconto horror-thriller: un paesino isolato, il cimitero con le croci sbilenche, una casa abbandonata da far invidia a qualsiasi urbex explorer e dei vicini di casa poco amichevoli. Argomenti già trattati in decine di horror, eppure, in questo primo episodio non si accusano vibrazione da cliché.
Una fotografia cupa e coerente per tutta la puntata, unita ad una colonna sonora e un reparto suoni ben orchestrato, regalano un’immersione totale nel contesto. Neanche la visione delle bamboline esorcizzanti, sparse nel cimitero del paese, così care al racconto horror, danno mai una sensazione di déjà vu. Sarà l’uso parsimonioso dei tropi che vengono accennati e poi subito ritirati o una sceneggiatura che non si perde in “spiegoni”, ma The Burning Girls riesce a trattare elementi horror con sfumature thriller senza affogarci dentro.
L’ambientazione e il tema (uniti alla fotografia) ricordano molto Midnight Mass, tuttaiva, se la produzione del genio Mike Flanagan basava molto del racconto su un cast corale, in The Burning Girls toccherà principalmente al Vicario “Jack” riportare il chiarore nelle tenebre.
IL VICARIO JACQUELINE “JACK” BROOKS
Molto del successo di questo pilot (ma sbirciando nelle puntate successive anche dell’intera miniserie) è dovuta alla presenza di Samantha Morton, la cazzuta ma anche sofferente vicari0 di Chapel Crow.
L’attrice non ha mai fatto segreto di una parte dolorosa della propria vita personale e in un’intervista a Vanity Fair ha raccontato di un’infanzia drammatica fatta di abusi e abbandoni, elementi che sembra caratterizzino anche la vita della protagonista. Importante, dichiara la Morton, è stata la presenza della fede nella propria vita, “che guarisce anche le ferite più profonde”.
La Morton vanta nella sua carriera svariate interpretazioni eclettica di personaggi non scontati. Era una pre-cog (individui dotati di poteri extrasensoriali) in Minority Report, una non maga in Animali Fantastici E Dove Trovarli ma soprattutto Alpha, la matriarcale leader dei Sussurratori in The Walking Dead.
In questo caso, la Morton interpreta il Vicario Brooks riuscendo ad equilibrare forza, fede e traumi sottolineando tutte le debolezze di un “uomo fra gli uomini“. La decisione di farla recitare con un total no make up, poi, delinea da subito un personaggio poco stereotipato, ricco di quella forza interiore che spesso rughe e occhiaie possono enfatizzare. Espediente non nuovo quello del no make up, usato anche per rappresentare la ben poco cordiale detective Mare Sheehan (Kate Winslet) in Mare Of Easttown.
ANCORA LINEE TEMPORALI DIVERSE
Non risulta nuovo invece l’uso di linee temporali diverse, quest’anno già viste in Bodies e Souls- Tutte le Vite Che Ricordi solo per citare alcuni esempi recenti.
Le ellissi temporali, che nello script vengono usate per concatenare eventi passati ad eventi futuri per spiegare meglio la trama, sono in questo caso usate con parsimonia, non lasciando nello spettatore quel senso di straniamento e frustrazione come poteva accadere durante la visione di Dark.
Il punto di partenza della storia narrata è il 1556, quando nel Sussex vennero bruciate sul rogo due bambine, ree di professare la religione protestante sotto il regno della cristianissima e sanguinaria Regina Maria d’Inghilterra, ricordata anche dai testi storici come Bloody Mary.
Più vicina nel tempo è invece la sparizione di due adolescenti, avvenuta nel 1992 sempre a Chapel Croft. Le due storie del passato si intrecciano con quella nel presente ma la storyline principale non viene mai fagocitata dal passato e lo spettatore riesce a concentrarsi su pochi ed efficaci elementi alla volta. Ne beneficia una narrativa coesa che riesce a sorvolare su alcuni scivoloni di genere horror come le visioni pseudo-demoniache e una misteriosa valigetta dell’allegro esorcista.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Burning Gurls si presenta con un pilot ben congegnato, con una fotografia dalle tinte drammatiche capace di avvicinare anche il pubblico meno appassionato al genere, o comunque più legato ad un horror d’autore. Qualche vibes alla Flanagan e alcuni rimandi a Mindsommar – Il Villaggio Dei Dannati non depersonalizzano uno dei prodotti horror più riusciti di Paramount+.
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Membro Onorario della Generazione X. Dal 1994 si aggira nei corridoi dell'archivio degli X-Files senza trovare l'uscita. Da piccola fingeva di avere la febbre per rimanere a casa da scuola a guardare gli episodi di Hazzard. Capisce poco di Cinema ma ci prova.