“Has your life changed since they destroyed those machines?”
La nostra recensione del precedente finale di stagione prendeva in considerazione il cambio di tipologia di narrazione declinandolo come una decisione coraggiosa, ma che era stata debolmente messa in scena durante la terza anno di messa in onda.
Un cambiamento faticosamente digerito da parte del pubblico visto e considerato che lo show della HBO ha avuto una vera e propria emorragia di ascolti: il quasi milione di ascolti registrato da “Crisis Theory” è infatti diventato un pubblico di poco più numeroso di 300mila persone in “The Auguries”. Sintomatico di una disaffezione verso lo show di Lisa Joy e Jonathan Nolan, espresso anche dalle bassissime votazione della critica nei confronti della scorsa stagione.
Un cambiamento non totalmente da demonizzare, come già detto nei precedenti appuntamenti, ma che deve avere un riscontro narrativo ben più accattivante e catchy. Cosa che, purtroppo, non si può dire per questa première.
WILLIAM, SUBLIME E DELOS
La puntata cerca di prendere in considerazione tutti i vari personaggi di Westworld la cui trama è rimasta in sospeso dando allo spettatore la giusta dose di informazioni per destreggiarsi tra salti temporali, versioni androidi di personaggi morti e trasmigrazione di entità e pensieri tra un personaggio e l’altro.
L’informazione fondamentale è che rispetto ai fatti presentati nella terza stagione la serie ha deciso di fare un salto in avanti di ben sette anni rendendo ancora più complicato il ruolo di questa premiére. Perché oltre a dover traghettare definitivamente lo show fuori dai parchi della Delos, continuando la storia all’interno della società, ha anche l’ingrato compito di fare un veloce spiegone e riposizionamento dei personaggi. Una cosa dovuta per ovvi motivi ma che come messa in scena lascia il tempo che trova.
William viene mostrato nella veste di mastermind prima mentre cerca di recuperare un vault contenente una quantità di dati ed informazioni per lui fondamentali che afferma essergli stato sottratto otto anni prima (Forge?); successivamente lo spettatore scopre la sua identità di capo dietro la ricerca serrata di Maeve e Caleb.
Maeve sembra essere il personaggio più abbandonato a se stesso di tutti. Gli sceneggiatori si mostrano talmente disinteressati all’ex maitresse da occupare minutaggio con i consueti flashback che dal 2016 vengono mostrati: Maeve in un altro parco della Delos dove ricopre il ruolo di mamma felice. E se ci si ferma a riflettere, il personaggio di Thandiwe Newton sembra essere rimasto ancorato a questa narrazione con l’unica evoluzione riguardante i propri poteri (con cui ora si sta leggermente esagerando considerata la somiglianza con Eleven).
“Take a look at this world. Nobody wants easy or natural. Art is a lie that tells the truth, honey.”
TROPPI DUBBI NELLA VISIONE
I flashback vengono anche utilizzati per fare da raccordo con la terza stagione e raccontare qualcosa di questa “rivoluzione” di cui si parla nella puntata ma di cui, a conti fatti, lo spettatore ha potuto vedere ben poco. Solo l’accensione della fantomatica miccia.
In uno di questi flash si vedono Maeve e Caleb fare irruzione in un avamposto Incite per far saltare in aria una sorta di Rehoboam in miniatura. Avvenimento che sarebbe stato interessante analizzare, ma gli sceneggiatori ed i creatori sembrano aver preferito relegare in una manciata di secondi puramente interlocutori.
La vita di Caleb, d’altro canto, dopo la rivoluzione sembra essere identica a prima, facendo dubitare l’uomo che qualcosa sia effettivamente cambiato all’interno della società.
Una sensazione di smarrimento e inadeguatezza che viene portato in scena da Christina, una scrittrice della Olympiad Entertainment, interpretata sempre da Evan Rachel Wood dando adito a varie speculazioni che vorrebbero la dolce IA di Dolores Abernathy ancora presente in qualche modo. Scelta narrativa smentita da Lisa Joy in persona.
Christina rappresenta la versione di Caleb di questa quarta stagione: distacco sociale e, come si diceva, inadeguatezza a tutto ciò che la circonda, compreso il proprio lavoro.
Una scelta narrativa che finisce per non colpire soprattutto per la sensazione di già visto.
A dare adito alle speculazioni di cui si diceva poco sopra c’è anche la sceneggiatura, visto che il ruolo di scrittrice di Christina risulta utile per farle raccontare e scrivere storie decisamente molto simili al loop narrativo in cui Dolores era rinchiusa all’interno di Westworld nella prima stagione. Altro elemento che non aiuta è la ricomparsa di James Marsden che potrebbe sia essere l’ennesima copia dell’host originale, sia (a questo punto) un essere umano con le fattezze di Teddy Flood. Le prossime puntate saranno fondamentali per dissipare qualcuno di questi dubbi, altrimenti la stagione (e la serie) rischierebbe davvero di continuare a creare dubbi su dubbi, inutili ai fini della trama, facendo perdere lo spettatore all’interno di un vortice di enigmi senza fine.
“I want to write a new story. About a girl… a girl who’s searching. The girl doesn’t know what she’s searching for. She just knows there is an emptiness in her life. Or maybe it’s inside her. And when she finds the thing she’s searching for, everything will make sense. I want a story with a happy ending… stupid… stupid stories nobody wants to hear.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un balzo in avanti di sette anni coraggioso, ma che mantiene il piatto livello della precedente stagione. La ricerca del vault da parte di William potrebbe essere il risvolto più interessante (soprattutto se contiene Sublime o parte dei dati riguardanti la ricerca sull’immortalità di Delos).
C’è molto lavoro da fare.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.