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The Man In The High Castle 4×02 – Every Door Out…TEMPO DI LETTURA 4 min

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Dopo una season premiere che definire sciagurata è poco, non era certo difficile fare meglio, visto che l’uccisione di Tagomi avvenuta off screen, uno dei personaggi migliori e più importanti dell’intera serie, è stata una decisione senza senso e fortemente negativa per l’economia dello show.
In questo secondo appuntamento viene introdotto, seppur brevemente, Equiano Hampton, interpretato da David Harewood, noto ai più per il suo ruolo da direttore della CIA in Homeland, leader maximo della resistenza afroamericana negli Stati del Pacifico, controllati dall’Impero nipponico.
L’introduzione di una nuova fazione nell’ultima stagione della serie targata Amazon è senza dubbio rischiosa: se da una parte, con l’evidente disfatta della Resistenza avvenuta a Denver nel precedente episodio, il gruppo ribelle sopperisce alla mancanza di antagonisti al potere centrale, visti i soli dieci episodi al termine la sensazione è che non si avrà l’adeguato screen time per sviluppare al meglio questo nuove filone narrativo.
La comparsa del leader dei sovversivi è senza dubbio positiva in tal senso, ma resta da capire tra crisi famigliari e viaggi temporali, quanto tempo troverà nelle puntate rimanenti questa nuova porzione di trama.
L’aspetto più interessante di questo secondo appuntamento risiede negli enormi progressi fatti dai nazisti nel controllare i viaggi del tempo, progressi che potrebbero esser stati agevolati anche dalla collaborazione di Hawthorne Abendsen, fattore che apre un’ulteriore filone narrativo, che si era concretizzato in fase embrionale con il finale della precedente stagione. Tuttavia bisogna ammettere che passare da alcune “cavie” esplose durante il primo tentativo ad una mappa degli universi paralleli, in solo un anno, è decisamente troppo.
Nonostante l’evidente time skip con cui si è aperta questa quarta e ultima stagione, dopo tre anni caratterizzati da una narrazione lenta e a tratti pachidermica, con una buona dose di minutaggio sprecato in questione completamente inutili, era lecito aspettarsi un adeguato approfondimento  di uno dei main topic della serie, ma a quanto pare gli autori hanno deciso diversamente.
Mentre Wyatt Price, sempre ben interpretato da Jason O’Mara, entra in contatto con i ribelli neri e inizia a collaborare attivamente con essi grazie all’aiuto di Lem, l’Obergruppenfuhrer Smith, nemmeno a dirlo, si ritrova nell’ennesima crisi famigliare. Alla zelante secondogenita Tracy, nazista sino al midollo, non corrisponde la prima figlia Jennifer che sembra sia completamente cambiata dopo l’anno trascorso nella Zona Neutrale, tanto da non riuscire più a vivere nell’inquadrata società nazista, per una situazione esplosiva destinata sicuramente, anche a causa di Helen, a creare immensi problemi a John Smith.
Lo stesso, seppur in maniera differente, avviene con Toru, figlio dell’Ispettore Capo Kido, che non sembra essersi mai ripreso dai massacri perpetuati in Manciuria a danno dei cinesi e, nonostante la carriera militare intrapresa, probabilmente non in grado di seguire le orme paterne, nonostante le forti pressioni ricevute.
Le dinamiche famigliari che ruotano intorno a Jennifer e Toru sono sintomatiche di come, nonostante Kido e Smith ricoprano ruolo di grande importanza per i rispettivi paesi, abbiano però completamente fallito in ambito famigliare, leitmotif spesso ricorrente in presenza di uomini di potere. Se sviluppato in modo adeguato, evitando drammi teen e forzature narrative, le rispettive storyline potrebbero rivelarsi estremamente interessanti, andando a influenzare notevolmente il percorso dei due personaggi.
Dal canto suo Juliana, per ovvi motivi un personaggio sicuramente lontano da una vita felice e spensierata, non riesce mai a bucare la schermo, nonostante la centralità oramai acquisita all’interno della storia, per un’interpretazione di Alexa Davalos che non ha convinto a pieno nel corso negli anni, risultando sottotono e dall’espressione monotematica, in stile Kit Harington/Jon Snow di Game Of Thrones.
Il film visto dalla Crain al cinema, “Judgment At Nuremberg” (noto in Italia come “Vincitori E Vinti”) non è certo casuale: vincitore di due premi Oscar nel 1962, la pellicola del 1961 diretta da Stanley Kramer tratta del terzo processo di Norimberga contro i nazisti e vanta un cast degno di nota, tra cui spiccano  Spencer Tracy, Burt Lancaster e Montgomery Clift.
La sensazione avuta dallo spettatore, durante la visione al cinema dell’ex moglie di Frank, è che si tratti di un mondo lontano rispetto all’universo pacifico in cui vive la maestra di arti marziali; ma i sabotaggi del sistema difensivo statunitense, gli omicidi mirati e il finale di puntata ci mostrano come infine i nazisti siano arrivati nel mondo parallelo dove gli Alleati hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale e la resa dei conti finale è ormai arrivata, anche per Juliana.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’introduzione della Resistenza nera
  • La comparsa di Equiano Hampton, seppur breve
  • Jennifer e Toru, emblema del fallimento famigliare paterno e portatori di potenziali sviluppi interessanti
  • L’arrivo dei nazisti nel mondo parallelo di Juliana
  • L’introduzione della Resistenza nera
  • Alla lentezza generale si contrappongo evitabili accelerazioni narrative
  • Alexa Davalos come Kit Harington

 

Un episodio di transizione che si risolleva dopo il disastroso inizio di stagione, ma stenta ancora a decollare. La carne al fuoco è tanta ma il tempo a disposizione è ormai quasi terminato, sperando che gli autori non lascino troppe questioni con un finale aperto. Nel frattempo la valutazione della puntata è sufficiente, aspettando episodi degni di nota.

 

Hexagram 64 4×01 ND milioni – ND rating
Every Door Out 4×02 ND milioni – ND rating

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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