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Come se non fossero stati fatti abbastanza paragoni con la precedente stagione, non si può non apprezzare la natura di un episodio autoconclusivo come quello in esame. Come detto a proposito di “Praxeus“, c’è una bella differenza tra le avventure del Dottore svolte in uno stesso luogo e in uno stesso tempo, rispetto a quelle dove vige la discontinuità sia spaziale che temporale e con il Tardis che la fa da protagonista. “Can You Hear Me?” ha dalla sua una complessità e articolazione di trame, ambienti e focus che non fanno per niente rimpiangere gli episodi “monotematici” dell’undicesima stagione.
Da apprezzare il focus sui singoli companion, utile a renderli ulteriormente tridimensionali agli occhi del pubblico, ma non solo. La loro figura infatti si conferma come attiva nell’economia delle singole trame verticali, acquisendo l’importanza degna dei compagni di viaggio del Dottore, da semplici esseri umani inconsapevoli e stupiti, a figure interne e decisive nell’azione. In questo caso specifico, inoltre, su Ryan, Yaz e Graham, si attua un approfondimento specifico sulla loro vita privata, in certi casi addirittura sul loro passato (rarissimo assistere ad un flashback di un companion, come avviene con Yaz in questo caso). Innegabile in questo caso l’influenza di Chibnall, da sempre incline al lato introspettivo, come la celeberrima Broadchurch insegna.
Verrebbe quasi da pensare, tuttavia, che le molteplici introspezioni e i vari focus abbiano solo come parziale scopo quello di creare un certo tipo di background su alcuni personaggi. Fatto sta che tali espedienti narrativi creano il ponte per inserire un piccolo elemento di trama orizzontale che a modo suo crea un ulteriore momento di rarità per l’universo di Doctor Who: il Dottore sogna. In “The Day Of The Doctor“, uno dei monologhi finali del Dottore di Matt Smith iniziava così: “Clara sometimes asks me if I dream“, evidenziando così un aspetto curioso e mai approfondito sul Time Lord. Alla fine di queste suggestive battute, il Dottore affermava di sognare spesso casa sua, ovvero Gallifrey. Chibnall ci regala un piccolo scorcio di sogno, con questo misterioso timeless child di cui da un bel po’ di episodi a questa parte si parla. Tra l’altro confermando quanto detto dall’undicesima reincarnazione: il Dottore sogna il proprio pianeta.
A proposito di unicum, da quando Chibnall tiene le redini dello show, spesso si è notato come la struttura delle singole avventure richiami la serie classica, da un punto di vista stilistico (su tutte, le lunghe sequenze senza Dottore nel pianeta o nell’epoca in cui poi si sta per svolgere una determinata avventura). In questo caso il richiamo avviene anche dal punto di vista contenutistico. Russell T. Davies e Steven Moffat hanno da sempre affermato con forza la natura “positivista” e “illuminista” dello show. Secondo i due precedenti showrunner, tutto può accadere, ma con determinati limiti, in un contesto esclusivamente (fanta)scientifico. Se gli universi paralleli sono stati trattati con estrema cautela, praticamente assenti sono state le figure semi-divine. In questo episodio viene citato il Celestial Toymaker, incontrata dalla prima incarnazione del Dottore, così come i Guardians e gli Eternals, incontrati da quarta e quinta incarnazione. Quasi come se l’attuale showrunner tornasse ad inserire nella mitologia la possibilità di alcune figure, scartate nel recente passato. Effettivamente, sebbene sia possibile dare una spiegazione fantascientifica e non fantastica a dei presunti semidei, Chibnall dovrà dimostrare di sapersi destreggiare bene con elementi la cui ingenuità era tollerata nella serie classica solo perché le pretese del pubblico erano nettamente inferiori.
Sebbene l’episodio sia apprezzabile sotto differenti punti di vista, continua a confermarsi la tendenza a rendere l’intera stagione una grande pubblicità progresso. L’aspetto introspettivo di cui si è parlato in precedenza sfocia in una morale comune che abbraccia un po’ tutte le figure coinvolte nell’episodio: la capacità di riuscire a parlare con qualcuno delle proprie paure e dei propri problemi. Tanto che nei titoli di coda viene anche indicato un numero da contattare. Indubbiamente godibile, quasi tenera, la sequenza in cui Graham si confida con il Dottore, se non altro perché rivela la personalità molto meno empatica di questa incarnazione. Tuttavia la componente “extra-scenica” di parte delle sceneggiature proposte continua a stonare, per quanto lodevoli siano i propositi.
Da apprezzare il focus sui singoli companion, utile a renderli ulteriormente tridimensionali agli occhi del pubblico, ma non solo. La loro figura infatti si conferma come attiva nell’economia delle singole trame verticali, acquisendo l’importanza degna dei compagni di viaggio del Dottore, da semplici esseri umani inconsapevoli e stupiti, a figure interne e decisive nell’azione. In questo caso specifico, inoltre, su Ryan, Yaz e Graham, si attua un approfondimento specifico sulla loro vita privata, in certi casi addirittura sul loro passato (rarissimo assistere ad un flashback di un companion, come avviene con Yaz in questo caso). Innegabile in questo caso l’influenza di Chibnall, da sempre incline al lato introspettivo, come la celeberrima Broadchurch insegna.
Verrebbe quasi da pensare, tuttavia, che le molteplici introspezioni e i vari focus abbiano solo come parziale scopo quello di creare un certo tipo di background su alcuni personaggi. Fatto sta che tali espedienti narrativi creano il ponte per inserire un piccolo elemento di trama orizzontale che a modo suo crea un ulteriore momento di rarità per l’universo di Doctor Who: il Dottore sogna. In “The Day Of The Doctor“, uno dei monologhi finali del Dottore di Matt Smith iniziava così: “Clara sometimes asks me if I dream“, evidenziando così un aspetto curioso e mai approfondito sul Time Lord. Alla fine di queste suggestive battute, il Dottore affermava di sognare spesso casa sua, ovvero Gallifrey. Chibnall ci regala un piccolo scorcio di sogno, con questo misterioso timeless child di cui da un bel po’ di episodi a questa parte si parla. Tra l’altro confermando quanto detto dall’undicesima reincarnazione: il Dottore sogna il proprio pianeta.
A proposito di unicum, da quando Chibnall tiene le redini dello show, spesso si è notato come la struttura delle singole avventure richiami la serie classica, da un punto di vista stilistico (su tutte, le lunghe sequenze senza Dottore nel pianeta o nell’epoca in cui poi si sta per svolgere una determinata avventura). In questo caso il richiamo avviene anche dal punto di vista contenutistico. Russell T. Davies e Steven Moffat hanno da sempre affermato con forza la natura “positivista” e “illuminista” dello show. Secondo i due precedenti showrunner, tutto può accadere, ma con determinati limiti, in un contesto esclusivamente (fanta)scientifico. Se gli universi paralleli sono stati trattati con estrema cautela, praticamente assenti sono state le figure semi-divine. In questo episodio viene citato il Celestial Toymaker, incontrata dalla prima incarnazione del Dottore, così come i Guardians e gli Eternals, incontrati da quarta e quinta incarnazione. Quasi come se l’attuale showrunner tornasse ad inserire nella mitologia la possibilità di alcune figure, scartate nel recente passato. Effettivamente, sebbene sia possibile dare una spiegazione fantascientifica e non fantastica a dei presunti semidei, Chibnall dovrà dimostrare di sapersi destreggiare bene con elementi la cui ingenuità era tollerata nella serie classica solo perché le pretese del pubblico erano nettamente inferiori.
Sebbene l’episodio sia apprezzabile sotto differenti punti di vista, continua a confermarsi la tendenza a rendere l’intera stagione una grande pubblicità progresso. L’aspetto introspettivo di cui si è parlato in precedenza sfocia in una morale comune che abbraccia un po’ tutte le figure coinvolte nell’episodio: la capacità di riuscire a parlare con qualcuno delle proprie paure e dei propri problemi. Tanto che nei titoli di coda viene anche indicato un numero da contattare. Indubbiamente godibile, quasi tenera, la sequenza in cui Graham si confida con il Dottore, se non altro perché rivela la personalità molto meno empatica di questa incarnazione. Tuttavia la componente “extra-scenica” di parte delle sceneggiature proposte continua a stonare, per quanto lodevoli siano i propositi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Sulla scia di “Praxeus“, non si può non apprezzare il trend positivo generale, ma serve ancora qualcosa per convincere definitivamente lo spettatore appassionato.
Praxeus 12×06 | 3.97 milioni – ND rating |
Can You Hear Me? 12×07 | 3.81 milioni – ND rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.