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Copenhagen Cowboy 1×03 – Dragon PalaceTEMPO DI LETTURA 3 min

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Copenhagen Cowboy 1x03 recensioneLa nuova serie scritta e diretta da Nicolas Winding Refn per Netflix rappresenta in pieno la sua poetica, sempre più protesa all’estetica rispetto al lato contenutistico, come già suggerito da Too Old To Die Young, uscita però su Prime Video.
Il risultato è sbalorditivo a livello visivo, mentre lascia ampiamente a desiderare per lo sviluppo della trama. A ben vedere però, anche se può essere percepita come una mancanza, in realtà trattasi di una vera e propria scelta del regista, poco interessato alla storia in sé, poichè è la forma a modellare la narrazione e non gli eventi narrati.

IL LATO TECNICO


A livello tecnico ci si trova davanti un prodotto televisivo di grandissima qualità e con pochi eguali nel suo genere. La colonna sonora è splendida e caratterizzata in gran parte da musica elettronica, ma a lasciare il segno in particolar modo sono la fotografia e la regia. La predominanza dei colori rosso e blu, con le luci al neon che permeano ogni scena e regalano allo spettatore un effetto visivo fantastico, vengono combinati con lunghi piani sequenza che si alternano a diverse inquadrature dove la macchina da presa si muove a 360° per una regia molto eclettica e ispirata
Il risultato complessivo è stupefacente e talmente imponente da prendere completamente il sopravvento su quanto viene raccontato che, di conseguenza, passa completamente in secondo piano, salvo qualche collegamento intuibile dalle sottotrame che ruotano intorno a Miu, ben interpretata da Angela Bundanovic.

LA STORIA


In questo terzo appuntamento vengono introdotti nuovi personaggi come Chiang, criminale e capo di Madre Hulda, e i genitori di Nicklas, altrettanto peculiari come il figlio e ossessionati dalla virilità, a quanto pare.
Nonostante i diversi character che si sono intravisti tra il pilot e il secondo episodio, la sensazione è che al momento nessuno di questi risulti fondamentale, sia per la natura prettamente estetica della serie, sia per il poco screen time che hanno avuto a disposizione in questa prima metà stagionale. Al momento il vero punto di contatto tra i vari mondi criminali di Copenhagen risultano essere i maiali, elemento terreno in contrapposizione all’elemento magico.
La tematica gangster si fonde con quella sovrannaturale, con tanti momenti grotteschi e bizzarri che fanno da contorno, ma per ora non c’è una vera e propria trama orizzontale e il risultato è quello di una narrazione che stenta a decollare, paralizzata anche da un ritmo narrativo molto compassato.
Resta allora da capire se Refn ha riservato qualche plot twist per gli ultimi episodi o semplicemente, fino alla fine, continuerà a dare poca importanza all’elemento narrativo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Una serie che tecnicamente è perfetta: la colonna sonora caratterizzata dalla musica elettronica, la regia con i piani sequenza e le inquadrature a 360°, la fotografia con il rosso e il blu e le luci al neon. A livello visivo è un vera goduria per gli occhi
  • Nonostante l’introduzione di nuovi personaggi come Chiang e i genitori di Nicklas e il maggior screen time per Madre Hulda, la trama resta sostanzialmente bloccata. Di conseguenza la visione risulta pesante e impegnativa, non apprezzabile da tutti

 

Diventa difficile valutare una puntata che, come tutta la serie, risulta così sbilanciata nelle parti che la compongono. Nonostante l’introduzione di nuovi personaggi non vi sono grandi eventi e la trama resta al palo con un ritmo narrativo molto blando. Al contrario, il lato tecnico è da massimo dei voti senza alcun dubbio. Si opta quindi per una sufficienza piena, una sorta di sei politico, con la consapevolezza che cambiando i criteri valutativi si potrebbero tranquillamente ottenere due voti agli antipodi per l’episodio in questione. Bisogna scegliere allora in che modo approcciarsi alla visione e a cosa dare maggiore importanza.

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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